«Le prove dimostreranno che l'ex presidente Trump non è stato un innocente spettatore ma ha abbandonato il suo ruolo di commander in chief ed è diventato l'istigatore in capo» dell'assalto al Congresso, che ha guardato in tv «come fosse un reality show, festeggiando senza fare nulla per aiutarci».
Il secondo processo di impeachment contro Donald Trump entra nel vivo con le argomentazione dell'accusa che, dopo aver incassato il primo round sulla costituzionalità del processo contro un ex presidente, gioca la carta di inedite immagini violente dell'assalto al Congresso tratte dal sistema di videosorveglianza interna.
Una mossa che ha colto nuovamente in contropiede i due difensori Bruce Castor e David Schoen, il cui incerto esordio ha lasciato perplessi gli stessi repubblicani e mandato su tutte le furie l'ex presidente, che avrebbe urlato contro di loro mentre seguiva il dibattimento nel suo studio di Mar-a-Lago in Florida.
«La sentenza» di Twitter
Ma, prima ancora che iniziasse l'udienza in un Capitol super blindato, Twitter aveva già emesso una prima sentenza, una sorta di «ergastolo» social: Trump è stato rimosso dalla sua piattaforma preferita «per sempre», con un divieto permanente, e non potrà creare un nuovo account nemmeno se tornasse a candidarsi.
Quando «si è rimossi dalla piattaforma si è rimossi a prescindere» dalla carica, ovvero «se si è un commentatore, un direttore finanziario, un attuale o un ex funzionario pubblico», ha spiegato il chief financial officer di Twitter Ned Segal in un'intervista a Cnbc, ricordando che «la nostra politica ha come principio quello di garantire che non venga permesso l'incitamento alla violenza».
Una condanna dura da digerire per l'ex commander in chief, che aveva fatto di Twitter il suo megafono mondiale e la sua principale arma elettorale.
Altra tegola per Trump
Il secondo giorno del processo è iniziato con un'altra tegola per l'imputato eccellente.
La procura (a guida democratica) della contea di Fulton in Georgia, che comprende anche la capitale Atlanta, ha aperto un'inchiesta penale sulle pressioni di Trump per ribaltare la vittoria di Joe Biden nel Paech State, compresa la telefonata in cui chiese al segretario dello Stato Brad Raggensperger di trovare «abbastanza voti» per cambiare l'esito delle elezioni.
La Georgia diventa così il secondo Stato, dopo New York, dove Trump rischia un processo anche se verrà assolto in quello di impeachment, come pare probabile.
Incertezza su alcuni repubblicani
La maggioranza del partito sembra ancora con lui ma aleggia l'incognita di Mitch McConnell, che parlando con alcuni suoi colleghi di partito ha lasciato la porta aperta alla condanna ribadendo di non aver ancora deciso come voterà. Non solo. Il potente leader dei senatori repubblicani ha suggerito che il voto finale è una questione di coscienza e che i senatori che – come lui – hanno contestato la costituzionalità del processo possono ancora votare per la condanna.
Sicuramente cresce l'imbarazzo nel partito di fronte alle nuove, drammatiche immagini che sembrano una vera e propria pistola fumante in mano all'accusa, secondo cui l'assalto non è stato solo l'effetto del comizio dell'allora commander in chief ma il culmine di una lunga e studiata campagna contro inesistenti frodi elettorali.
Alla fine i repubblicani dovranno scegliere se mollare il loro leader per voltare pagina, pur rischiando che fondi un partito e inizi una pericolosa guerriglia già alle elezioni di Midterm, oppure continuare a cavalcare l'ampia base di un presidente che però non è mai stato maggioranza nel Paese, che ha perso contro quello che lui stesso definiva «sleepy Joe» e che rischia almeno due processi penali.
Biden intanto continua a tenersi lontano dall'impeachment, annunciando sanzioni alla Birmania per il colpo di Stato e facendo tappa al ministero della Difesa, dove ha incontrato Lloyd Austin, primo capo afroamericano del Pentagono.
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