Ticino Aumentano le truffe per i crediti Covid, gli inquirenti rafforzano le misure di contrasto

Sono oltre 90 i fascicoli aperti dalla procura ticinese per far luce sui presunti abusi nell’erogazione dei crediti Covid del valore di circa 20 milioni di franchi e sono una ventina le persone finite in manette. Questo aumento ha spinto gli inquirenti a rafforzare le misure di contrasto.

I dati sono stati forniti oggi, giovedì, durante una conferenza stampa congiunta del ministero pubblico e della polizia cantonale ticinesi, nella quale – come rende noto la RSI – è stato evidenziato come la criminalità economico-finanziaria resti una piaga in un cantone dove gli illeciti nel periodo della pandemia sono aumentati.

Finora in merito alle cosiddette truffe dei crediti Covid la procura ha aperto oltre 90 incarti. L’ammontare dei crediti oggetto di accertamenti – si legge in un comunicato – «è salito a 18 milioni di franchi», mentre gli importi sequestrati o già restituiti agli istituti di credito ammontano a circa 3,6 milioni. Le persone indagate in quest’ambito sono più di 140 e di queste 24 sono sottoposte a carcerazione preventiva.

Chi commette questi reati?

A commettere questo genere di reato, spiega ai microfoni della RSI il sostituto procuratore generale Andrea Balerna, responsabile della sezione reati economici, sono «imprenditori di qualsiasi tipo che confrontati con la facilità di ottenere indebitamente dei soldi si sono lasciati tentare e lo hanno fatto. Ci sono anche, ma in numero minore, persone che sono intervenute sul mercato acquistando delle società esattamente a questo scopo».

Irregolarità sul lavoro ridotto

Inoltre, nel radar degli inquirenti sono finite anche le aziende che hanno fornito cifre non veritiere riguardo le ore di lavoro perse a seguito della crisi pandemica. A fronte di una massa di più di 900 milioni di franchi erogati in quest’ambito in Ticino, continua la nota, «sono state sinora oltre 70 le segnalazioni di presunte irregolarità giunte al Ministero pubblico».

I reati di questo genere sono «in grado di alterare il mercato e provocare ingenti danni diretti o indiretti alle istituzioni e alla collettività. Lo si legge ancora nel comunicato congiunto.

Questa consapevolezza «ha spinto le autorità di perseguimento penale a ulteriormente stringere le maglie della rete, sviluppando misure di contrasto ad ampio raggio» e «concretizzando un fruttuoso dialogo con le varie unità dell’amministrazione pubblica per migliorare il monitoraggio e implementare possibili forme di segnalazione».

Il deterrente? Il sequestro di beni patrimoniali

Durante la conferenza stampa odierna è stato anche posto l’accento sugli abusi societari. Reati contro i quali è necessario perfezionare i mezzi di contrasto a disposizione, stimolare ulteriori misure di monitoraggio, puntare maggiormente sul sequestro di valori patrimoniali e infine alimentare lo spirito critico verso una criminalità sommersa.

Tutto ciò, «nella consapevolezza che il principale deterrente alla commissione di reati in campo economico-finanziario resta proprio il rischio di essere scoperti, identificati, perseguiti e privati di beni patrimoniali a seguito della loro confisca».