«Bird strike»Airone contro un jet a Lugano Airport, Pedrioli: «Uno ogni 50’000 voli»
SwissTXT / red
27.3.2024
Dopo la collisione tra un airone e il jet del Consiglio federale, la RSI ha approfondito il tema dell’incontri ravvicinati tra aerei e volatili con il direttore generale dello scalo Davide Pedrioli.
SwissTXT / red
27.03.2024, 10:50
Sara Matasci
«A Lugano un evento del genere capita grossomodo ogni 50’000 movimenti di volo. Siamo nella media mondiale per questa categoria di aeroporti», ha spiegato il CEO dello scalo Davide Pedrioli ai microfoni della RSI.
L’evento di cui si sta parlando è la collisione, avvenuta il 24 febbraio, tra un airone cenerino e il jet Falcon 900 usato dal Consiglio federale. L'emittente di Comano ha voluto approfondire il tema dei cosiddetti «bird strike» con il direttore generale di Lugano Airport.
Dalla vostra visuale privilegiata si è trattato di un incidente pericoloso oppure no?
«Una collisione è chiaramente sempre un evento da evitare, ma dipende soprattutto dalla parte dell’aereo colpita. In questo caso il volatile è finito contro un’ala, una parte quindi statica. Ben peggio sarebbe stato se fosse entrato in una turbina. Quindi possiamo dire che non si è trattato di una situazione particolarmente pericolosa. Prova ne è che l’aereo ha continuato il suo volo ed è regolarmente atterrato a Berna, dove sono state fatte le constatazioni del caso».
Lugano Airport sorge accanto al fiume Vedeggio, la cui foce in questi anni è stata rinaturata. La presenza di più volatili comporta più rischi?
«Il monitoraggio, che abbiamo appena ultimato, viene svolto su un raggio di 13 chilometri, per intenderci su una superficie di 500 km quadrati. Su quest’area vengono identificati i luoghi di concentrazione dell’avifauna, che potrebbero essere generatori di un rischio. Un altro fattore è poi quello dei circuiti di volo. Ma sappiamo che oltre una certa distanza dalla pista la possibilità di ‹bird strike› si avvicina allo zero. Le statistiche, a livello mondiale, ci dicono che ci sono pochissime collisioni quando l’aereo sale oltre i 200-300 metri di quota dal terreno e si allontana di 2-3 chilometri dalla pista. Sono numeri confermati anche per gli eventi monitorati a Lugano, per lo meno nell’ultimo decennio».
L’aeroporto di Lugano, ma lo stesso vale per quello di Locarno, sorge vicino a una zona d’acqua. Ciò accresce il rischio di ‹bird strike›?
«Bisogna contestualizzare. A questo proposito ricordo che la maggior parte degli aeroporti mondiali si trova vicino a specchi d’acqua o a zone umide. Questo per il semplice motivo che, un secolo fa, questi erano i luoghi pianeggianti liberi da costruzioni. Lo stesso aeroporto di Kloten sorge in una zona umida, anche se il lago dista 10 km. La stessa pista di Dübendorf, che era l’ex aeroporto di Zurigo fino al secondo dopoguerra, si trova in una zona paludosa. In questa scelta si aggiunge poi un aspetto poco noto, ovvero il fatto che la vicinanza di uno specchio d’acqua contribuisce ad aumentare l’operatività dello scalo».
In che modo?
«Non tutti sanno che a basse quote si crea un flusso d’aria continuo dal lago, nel nostro caso, verso l’aeroporto. Per questo la maggior parte dei decolli avviene in direzione dell’acqua, per sfruttare questa corrente contraria».
Se la vicinanza dell’acqua con i relativi uccelli riguarda la maggior parte degli aeroporti, come si abbassa il rischio di questi incontri ravvicinati?
«La prima reazione, non secondaria, è quella della stessa avifauna che quando si trova vicino a un aeroporto presta automaticamente attenzione all’attività di volo. La dimostrazione si ha a Locarno, dove nonostante i milioni di movimenti da quando è stato costruito l’aeroporto non si sono mai registrati eventi particolarmente pericolosi. Vado un po’ a memoria, ma all’aeroporto cantonale di Locarno si verifica in media un ‹bird strike› ogni 200-300’000 movimenti, mentre a Lugano ce ne è uno ogni 50’000. C’è naturalmente il fattore della taglia degli aerei che da noi sono più grandi e, per il semplice aspetto geometrico, hanno più probabilità di impattare con un volatile».
Al di là dell’episodio da cui siamo partiti, ricorda nel passato recente una collisione a Lugano Airport che ha avuto conseguenze pericolose?
«No, negli ultimi anni non ce ne sono state. Anche perché ci sono misure attive, per abbassare il rischio, che vengono prese dagli aeroporti, penso in particolare a Lugano. Meno a Locarno dove si impone una particolare attenzione verso la zona delle Bolle di Magadino».
Quali accorgimenti adottate contro i ‹bird strike›?
«A Lugano vi sono dei dissuasori che tramite emissioni sonore spostano l’avifauna, in casi particolari, ad esempio quando notiamo che vi è una grossa concentrazione. Utilizziamo frequenze che sono generalmente percepite anche dall’uomo. È qualcosa che viene sistematicamente fatto anche nei grandi aeroporti a livello internazionale».
In conclusione, con una breve panoramica a volo d’uccello, come sta oggi Lugano Airport?
«Dal profilo commerciale ci troviamo in una situazione interessante. Abbiamo un mercato che è relativamente solido nel settore dell’aviazione business che copre quasi la metà dei nostri movimenti e che ci permette di gestire l’aeroporto in termini finanziari positivi. I 20-30 movimenti business al giorno sono l’espressione di un bisogno del territorio, che non riguarda solo Lugano, ma si estende a livello regionale se non cantonale. Il sistema economico Ticino necessita di un aeroporto».
E per quanto concerne il futuro?
«Siamo confrontati - conclude il direttore generale Davide Pedrioli - con una serie di progetti strategici che ci occuperanno per un anno e mezzo-due. Anche per questo siamo tornati a una direzione aeroportuale, svolta con la dovuta attenzione anche dal profilo operativo, ed è ciò di cui si occuperà nel corto termine il nuovo direttore operativo Christian Castelli. Sul medio-lungo periodo l’attenzione è invece rivolta ai tre grossi progetti in corso, ossia al nuovo concetto di gestione, al rinnovo della concessione federale, che va fatto entro il 2026, e alla revisione della pianificazione dell’aeroporto che è in corso».