Pandemia Covid-19 in Ticino, Bianchi: «Cure intense mai così piene»

pab

29.12.2020

Paolo Bianchi, capo della sezione della sanità pubblica del cantone Ticino
Paolo Bianchi, capo della sezione della sanità pubblica del cantone Ticino
KEYSTONE / Ti-Press / Davide Agosta

Paolo Bianchi, coordinatore del DSS, ha fatto il punto della situazione pandemica in Ticino: «Le ammissioni in ospedale aumentano. Cure intense mai così piene». Il dottor Paolo Merlani ha spiegato le sfide affrontate nella prima ondata per riuscire a triplicare i letti di medicina intensiva: «Il nostro modello lo hanno adottato molti altri Cantoni».

«In questi giorni si parla molto della vaccinazione che inizierà in Ticino il 4 gennaio nelle case per anziani, ma non dobbiamo dimenticarci dei dati giornalieri e dello stato degli ospedali», ha esordito Paolo Bianchi, direttore della Divisione della salute pubblica e coordinatore del Dipartimento della sanità e della socialità (DSS).

Le cifre rimangono molto alte, con oltre 4'000 nuovi contagi giornalieri a livello svizzero. «E siamo a una stagnazione molto elevata anche in Ticino. Abbiamo ancora il triste primato per quel che riguarda i casi su 100'000 abitanti. Siamo in effetti a 916.10 su 100'000, di gran lunga sopra la media nazionale. Rimaniamo a livelli moto elevati anche per quel che riguarda le ospedalizzazioni, con 376 persone negli ospedali, poco sotto il picco di qualche giorno fa».

«Anche le ammissioni giornaliere rimangono su cifre molto alte, circa 30, che sono solo in parte compensate da alcune dimissioni. In cifre assolute fra pochi giorni arriveremo esattamente al doppio delle persone ricoverate nella prima ondata, che è stata meno lunga. Infatti, dati alla mano, oggi siamo a 1'753 ricoveri, contro i 933 di marzo», ha sottolineato Bianchi.

Un paziente su 10 finisce in ospedale

Il livello complessivo di ospedalizzazione è di una persona malata su dieci se si prende in considerazione l'intera fascia d'età tra 0 e 100 anni. Significativa la differenza prima e dopo i 60 anni: tra 0 e 59 anni il tasso di pazienti che finiscono in ospedale è in media del 2%, sopra i 60 anni esplode al 32% di media.

«Anche nelle cure intense si hanno molti più pazienti della prima ondata, ben il 40% in più», ha affermato Bianchi, sottolineando il fatto che la degenza media è risultata essere sostanzialmente della stessa lunghezza della prima ondata, oscillando da 10 a 11 giorni. 

«Con un certo ritardo, lo sappiamo, segue la curva dei decessi, che purtroppo continuano in maniera costante. Il tasso di letalità, ovvero il numero delle persone morte rispetto ai casi positivi, è particolarmente alto negli anziani e si attesta al 14%».

Cure intense mai così piene

Bianchi ha poi spiegato che per curare pazienti affetti da Covid sono occupati circa il 40% dei 1'500 letti ordinari disponibili in tutto il Cantone per tutti i malati in generale. La punta massima di ricoveri in cure intense invece «l’abbiamo proprio in questi giorni, con 44 pazienti».

Per mostrare gli effetti del Covid sul personale al fronte, Bianchi ha poi illustrato i dati di una tabella nella quale si riporta l’esempio dell’Ospedale La Carità di Locarno, dove si è passati da 87 medici prima del Covid ai 142 della prima ondata. L’incremento maggiore si è verificato nel settore degli infermieri, con oltre 120 assunzioni, suddivise nelle varie categorie. Quella con il maggior numero di personale è stata la medicina intensiva, che è passata da 40 unità a 142.

«Anche a Capodanno scegliamo chi incontrare»

Bianchi ha terminato il suo intervento ricordando l’importanza della responsabilità personale nella lotta contro il covid. «Anche durante le feste di fine anno dovremo scegliere con coscienza chi incontrare. Proprio come abbiamo fatto a Natale. Le regole finora applicate sono sempre valide. Lo slogan della campagna di sensibilizzazione, ancora di colore rosso, dice il vero: insieme facciamo la differenza», ha concluso Bianchi.

Cosa s'intende per Medicina Intensiva?

La parola è poi passata al dottor Paolo Merlani, direttore medico del Servizio di medicina intensiva dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) e direttore sanitario dell’Ospedale Regionale di Lugano.

«Sono qui per illustrare il mondo della medicina intensiva, di cui si è parlato davvero tanto, ma di cui, anche tra i professionisti e non solo tra il grande pubblico, non si sa poi molto», ha esordito Merlani.

«Iniziamo proprio dalla base. Dal nome: Medicina Intensiva, che da noi in Ticino chiamiamo cure intense, o terapia intensiva in Italia. Questa arte medica si occupa della presa a carico di disfunzione di uno o più organi vitali in pazienti a rischio di morire, ma con prognosi potenzialmente favorevole».

Luoghi e materiale appropriati

Quindi in medicina intensiva non si prendono i pazienti che stanno per morire, ma quelli che possono essere salvati.

La Medicina intensiva è praticata da team specializzati composti da medici, infermieri e staff paramedico in un luogo specifico, appositamente equipaggiato.

«E questo spiega la differenza con un altro termine che si usa spesso: le cure continue, che si occupano di pazienti meno gravi o con bisogni meno importanti, dove quindi ci sono meno infermieri e meno medici. In questi reparti la ventilazione dei pazienti è possibile».

Molta formazione per diventare infermiere

Un infermiere di cure intense è un infermiere con un diploma di tre anni e  una ulteriore specializzazione di due anni svolta solo dopo aver acquisito una certa esperienza generale di alcuni anni. «Insomma - ha spiegato Merlani - per diventare un infermiere di medicina intensiva ci vogliono tra i sei e gli otto anni. Sono figure professionali rare, care da formare e difficili da trovare».

Per quel che riguarda i medici di Medicina Intensiva, ci vogliono 5 anni di specializzazione solo in medicina intensiva. La Svizzera è uno dei pochissimi paesi, assieme alla Spagna, ad avere questa caratteristica, questa distinzione, perché generalmente viene vista come una sotto categoria di altre specializzazioni.

Nel team della Medicina Intensiva ci sono altre persone, come il team paramedico, quello di fisioterapia e quello della logistica.

Dai 5 ai 15 infermieri per due letti

Due pazienti «leggeri» di Medicina Intensiva necessitano di 5 infermieri che se ne prendono cura 24 ore al giorno tutto l’anno. Per i pazienti «molto malati» il fabbisogno per due letti sale a 15 infermieri.

«Per avere la certificazione, rilasciata da una speciale commissione, si deve disporre del 30% di infermieri specializzati e del 70% di diplomati. Noi in Ticino abbiamo una grande tradizione e arriviamo a quasi il 100% di infermieri specializzati. Senza questa cifra non saremmo stati in grado di fare quello che abbiamo fatto», ha spiegato Merlani.

«In Ticino abbiamo 53 posti certificati. Cioè 53 posti che rispettano determinate e rigide condizioni: 16 metri quadrati per letto, con minimo due attacchi per l’ossigeno, due per le aspirazioni e 12 prese elettriche sicure per letto. Non va dimenticato che poi ci vuole un monitor per ogni letto e che questi monitor vanno controllati da una centrale. A Locarno, per esempio, ci sono oggi cinque di queste centrali».

Nella prima ondata triplicati i letti in Medicina Intensiva

Il dottor Merlani ha poi spiegato nel dettaglio l’impegno durante la prima ondata: «Durante la prima ondata abbiamo trasferito tre pazienti Oltralpe il 28 di marzo perché eravamo arrivati davvero al limite delle nostre capacità nella Medicina Intensiva. C’erano sì una ventina di posti ancora nelle cure continue, ma per essere messi in questo reparto alcune condizioni devono essere rispettate, come ad esempio il fatto di essere facilmente ventilabili. E i nuovi pazienti in arrivo non lo erano».

«Prima del Covid avevamo 53 posti «normali» di cure intense - ha fatto spere Merlani-. Durante la prima ondata siamo stati in grado di creare 34 posti di cure intense per pazienti non Covid e 108 posti per pazienti con il nuovo virus, per un totale di 142 posti, di cui 104 di Medicina intensiva e 38 di cure continue. Siamo insomma riusciti a triplicare i posti».

La metodologia usata

«Ma questo solo perché si sono centralizzati i reparti sparsi in tutto il cantone, non si sono più fatti interventi elettivi, abbiamo chiuso i Pronto soccorsi e siamo passati da turni di 8 a turni di 12 ore. E questo è stato possibile anche grazie all’assunzione di circa 200 infermieri, con sfide logistiche non indifferenti da risolvere in pochissimo tempo».

«Abbiamo creato dei team composti da tre persone: un infermiere specializzato per la supervisione (30%), un infermiere di area critica (pronto soccorso, anestesia) (30%) e un infermiere diplomato. Questo è stato possibile solo grazie al fatto che in Ticino, come detto prima, il 100% dei nostri infermieri in Medicina Intensiva è specializzato. Per gli infermieri diplomati, che comunque hanno già una solida esperienza con pazienti gravi, abbiamo dovuto introdurre delle formazioni accelerate».

È stata adottata la stessa logica con i medici. In totale sono stati creati 52 poti a tempo pieno, pari a 80 persone. In totale quindi sono state ingaggiate, solo per la Medicina Intensiva, 250 persone.

Team specializzati in una sola mansione

Un altro elemento fondamentale, un modello che poi altri cantoni hanno adottato: abbiamo subappaltato diverse funzioni, abbiamo creato dei team specifici, come ad esempio quello che si occupava di girare i pazienti sulla pancia, cioè della «pronazione». Al massimo dell’ondata abbiamo avuto tre team che facevano esclusivamente quello tutto il giorno. Perché dovete sapere che per girare un paziente ci vogliono dalle 6 alle 7 persone.

Sono stati creati altri team specialistici, come quello per i gesti tecnici come quello di intubare. Da sottolineare che queste persone non fanno parte delle 250 assunzioni di cui abbiamo parlato poco fa.

A livello logistico abbiamo spostato il materiale da un ospedale all’altro, come ad esempio le centrali per il controllo dei monitor. Oltre ad usare quelli di riserva, li abbiamo smontati nei pronto soccorsi chiusi e trasportati.

Una rete di comunicazione importante

Lo stesso principio è valso per ogni tipo di apparecchio, a partire dai letti e dalle altre attrezzature specialistiche, ha spiegato ancora Merlani. «Quindi ora si capisce anche perché siamo stato obbligati a chiudere alcune strutture. Semplicemente perché il materiale era destinato ad altro uso in altre parti del cantone.

«Abbiamo reperito 34 ventilatori supplementari di Medicina Intensiva e 20 ventilatori di cure continue. In totale in poco meno di un mese abbiamo smontato, trasportato e rimontato qualcosa come oltre 300 grossi apparecchi, che abbiamo dovuto spostare con dei camion.

«È stata fondamentale anche la comunicazione tra le varie Medicine Intensive. Abbiamo creato una rete di contatti quotidiani che ancora oggi è in funzione. Ci si è scambiati dati sulle esperienze di cura, sui pazienti, sulle decisioni difficili, sui protocolli, sul materiale, sui medicamenti e sugli apparecchi.

In attesa della seconda ondata cosa è stato fatto?

«Come avrete capito i limiti sono le risorse umane: gli infermieri specializzati e i medici. Gli apparecchi erano nella prima ondata sicuramente un problema secondario.

«Eravamo certi dell’arrivo della seconda ondata. Ma nell’aspettarla abbiamo dovuto ripartire, rimontando ad esempio tutto ciò che era stato smontato prima, sale operatorie, pronto soccorsi, ambulatori e siamo riusciti a recuperare addirittura il 70% delle operazioni che avevamo rimandato durante la prima ondata», ha spiegato Merlani.

«Abbiamo anche intensificato gli sforzi nel settore della formazione, formando in tempi record 30 infermieri per la Medicina Intensiva. Abbiamo poi migliorato la logistica di tutte le strutture, con l’istallazione di cablaggi, di sorveglianza e monitoraggio e l’introduzione di altri programmi di monitoraggio, senza dimenticare che abbiamo aggiornato i protocolli e ricostituito le riserve di materiale e apparecchi».

Medicina Intensiva covid: 52 posti occupati su 71

Oggi, in piena seconda ondata, siamo a 109 posti in Medicina intensiva di cui 38 per pazienti normali e 71 per pazienti Covid. Al massimo dell’estensione si potrà arrivare solo fino a 105 posti per malati Covid, riducendo però i posti di Medicina intensiva normali a 34, per un totale 139 e non più di 142 come nella prima ondata.

«Attualmente sono occupati 21 posti su 38 normali e 52 su 71, per un totale di 76 posti su 109». Questo è stato possibile solo grazie al fatto che i letti a disposizione sono stati aumentati del 270% durante la prima ondata e del 206% durante la seconda. A livello nazionale invece l'aumento è stato molto meno significativo, del 151% e del 113%. 

Merlani ha poi spiegato che durante la seconda ondata in Svizzera si è passati dal 116 a 131 letti di Medicina Intensiva per milione di abitanti, mentre in Ticino da 149 a 228.

La difficoltà di questa seconda ondata, ha concluso Merlani, è che il personale è stanco. «Per ovviare a questo problema abbiamo creato dei turni "non covid" e cercato di dare qualche giorno di respiro, ma c'è anche da dire che il 10% dei curanti è stato colpito dal virus, e questo ha un impatto sul dispositivo. In questo senso, la prospettiva di un vaccino che ci possa dare un po' di respiro è sicuramente la benvenuta».

Chiesto un regalo

«Vista la situazione molto difficile, in conclusione vorremmo chiedere a tutti un regalo: continuate a rispettare i comportamenti corretti. Solo con il gioco di squadra, tutti insieme, vinceremo. Insomma, ognuno deve fare la sua parte».

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