Le scioline usate nello sci di fondo non sono responsabili della diminuzione dei pesci nei laghi dell'Alta Engadina. Un'inchiesta pubblicata oggi dal cantone dei Grigioni scagiona tale sport dal sospetto di «avvelenare i pesci».
In concreto il Cantone ha riscontrato concentrazioni simili, e anche inferiori, a quelle misurate in altri laghi svizzeri. Inoltre – sottolinea un comunicato odierno – i valori rilevati non rappresentano un rischio per la salute della popolazione.
Lo sci di fondo porta all'immissione di PFAS (sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche) nei laghi: ma si tratta di quantità «molto esigue» e «trascurabili», ha spiegato all'agenzia di stampa Keystone-ATS il chimico cantonale Matthias Beckmann. «Una correlazione tra il declino delle risorse ittiche e l'uso delle sostanze presenti nella cera da sci non sembra essere evidente», ha aggiunto.
All'inizio del 2021 l'associazione dei pescatori grigionesi aveva avanzato la tesi che alcune cere usate per gli sci di fondo, una volta finite nei laghi fossero assorbite dai pesci comportandone il loro declino. La tesi era corroborata dalla rivista dei consumatori «K-Tipp», che aveva commissionato delle analisi chimiche e riscontrato preoccupanti concentrazioni di acido perfluoroottanoico (PFOA) in un terzo del pesce esaminato.
Le piste di sci di fondo dell'Alta Engadina sono preparate direttamente sui laghi ghiacciati. La sola Maratona Engadinese, di richiamo internazionale, è una gara popolare, con molte migliaia di persone. Nel 2018 gli organizzatori hanno deciso di limitare a 14'200 il numero di partecipanti.
Analisi su campioni di acqua e di pesci
Il Cantone dei Grigioni ha reagito e analizzato campioni di acqua e di pesci provenienti dai laghi della regione in merito alla presenza di PFOA e PFAS, che vengono usate tra l'altro per produrre tessili impregnati destinati alle attività all'aperto, schiume antincendio, scioline e padelle in teflon.
Si tratta di sostanze estremamente durevoli e la loro biodegradabilità è pressoché nulla. Una volta assorbite da piante, animali ed esseri umani esse vengono espulse soltanto in parte. Sono presenti in tutto il mondo perché si diffondono attraverso l'aria e ricadono al suolo con le precipitazioni.
Nel dettaglio, in circa la metà dei pesci analizzati – in totale una settantina provenienti dal lago di Sils, dal lago Bianco e dal lago Crocetta – sono state riscontrate tracce di PFAS nelle carni. Nel 90% dei pesci le concentrazioni di PFAS nel fegato erano dieci volte superiori a quelle riscontrate nelle carni.
Però, sottolinea lo studio pubblicato oggi – i pesci in Engadina Alta presentano una contaminazione nettamente inferiore rispetto a quelli presenti nel lago di Costanza, nel lago Lemano o nel lago Maggiore. Per ora è quindi possibile escludere effetti tossicologici acuti sui pesci, ma non valutare in che misura la contaminazione cronica si ripercuoterà sul loro sviluppo e sulla loro riproduzione.
Di certo è che, secondo lo stato attuale delle conoscenze, il consumo occasionale di carni di pesci provenienti dai laghi engadinesi non presenta un rischio rilevante per la salute.