Covid in Ticino Istituti per persone con disabilità, «dobbiamo garantire il loro benessere»

SwissTXT / pab

12.12.2020

Si vuole evitare un confinamento forzato
Si vuole evitare un confinamento forzato
archivio Ti-Press

In un istituto del Luganese che accoglie persone affette da disabilità mentale e disagio psichico le verifiche scattate di recente, dopo il contagio di un collaboratore, hanno permesso di scoprire la positività di buona parte degli utenti, il cui numero totale è comunque contenuto.

Una situazione che solleva il problema di come affrontare la pandemia con persone affette da deficit mentali.

«A una persona con problematiche cognitive, che non comprende o non elabora il linguaggio verbale, è difficile dire che non può più uscire, non deve toccare i corrimani», spiega ai microfoni della RSI Furio Vanossi, docente alla SUPSI e direttore di un piccolo istituto in Capriasca.

«Chi porta il virus in istituto è chi viene da fuori»

Per queste persone, una certa routine è fonte di benessere, ma ora bisogna tenere conto anche della sicurezza. «Ci si muove seguendo le direttive dell'Ufficio del medico cantonale e dell'Ufficio degli invalidi, - spiega -sensibilizzando e informando gli utenti nel limite del possibile e della loro comprensione su quale misure devono adottare per non contagiarsi a vicenda o non farsi contagiare dal personale. Perché bisogna essere sinceri: chi porta il virus in istituto è chi viene da fuori».

«Abbiamo avuto dei casi positivi, senza sintomi gravi, ma questo vuol dire cercare di garantire una vita il più normale possibile, evitando un confinamento forzato», spiega ancora Vanossi.

Per esempio, «si cerca di creare di momenti individualizzati con attività semplici, che possono essere anche solo una chiacchierata, la lettura di un giornale, bere un caffè insieme per far pesare meno possibile la condizione di persona in quarantena», conclude.

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