Ticino
Verso 5'000 posti di lavoro liberi? Modenini: «La scuola si adegui al mercato»

La prospettiva che 5'000 posti di lavoro resteranno liberi in Ticino fa reagire Stefano Modenini, il direttore dell'Associazione Industrie Ticinesi (AITI). La replica del consigliere di Stato Manuele Bertoli: «Anche l'economia faccia la sua parte».
«Serve una formazione che segua le tendenze del mercato del lavoro nei prossimi anni»: così il direttore dell'AITI Stefano Modenini mercoledì – come anticipato dalla RSI – ha lanciato la sfida alla politica ticinese, affinché si punti su una scuola con più tecnica che prepari alle professioni del futuro.
Il colpevole è stato lo studio della SUPSI commissionato dalla stessa AITI, che ha immortalato il panorama del mercato del lavoro ticinese fra cinque anni: da un lato ambiti formativi apprezzati dai giovani, ma con pochi sbocchi, dall'altro offerte di lavoro disponibili in settori che i ragazzi invece snobbano. Come conciliare queste due realtà?
«Né la scuola né la politica possono decidere per i giovani»
«C'è una parte di lavoro che deve essere fatta a Berna, una che possiamo fare insieme anche a livello cantonale e una che ognuno deve fare nel suo campo, noi nel migliorare la formazione e l'economia mettendo per esempio a disposizione posti di apprendistato, che in Ticino non abbondano», è la replica del capo del Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport (DECS), Manuele Bertoli, raggiunto dalla RSI nel canton Turgovia, dove si trova in viaggio con il Consiglio di Stato.
Bisogna inoltre tener conto della libertà dei giovani di scegliere il proprio futuro, «perché non possono essere né la scuola né la politica a decidere per loro, se mai bisogna fare un lavoro di convincimento e anche qui l'economia deve fare la sua parte e vendere in qualche modo una professione ai giovani che potrebbero avvicinarvisi», spiega Bertoli.
Secondo il direttore del DECS, «gli orientatori sanno quali sono i settori che hanno un fabbisogno futuro presumibile elevato e quindi possono dire – e lo fanno – che in quel determinato ambito non ci sarà disoccupazione in futuro. Che l'informazione corrisponda alla scelta di un allievo, è un'altra cosa».
Troppo semplice, conclude Bertoli, «usare la scorciatoia che siccome offerta e domanda non coincidono, la colpa è dell'orientamento».