OEC Prodotti chemioterapici e infermiere malate: il nesso non c'è

Swisstxt

27.6.2021 - 20:28

Il caso delle infermiere del San Giovanni ammalatesi: confermata la loro ricostruzione dei fatti. Ma il rapporto esterno esclude il nesso con le patologie che le ha colpite.

L'esterno con l'entrata principale e del pronto soccorso dell'ospedale San Giovanni in un'immagine d'archivio. 
L'esterno con l'entrata principale e del pronto soccorso dell'ospedale San Giovanni in un'immagine d'archivio. 
© Ti-Press/Carlo Reguzzi

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Le sette infermiere, che per la prima volta nel 2019 avevano chiamato in causa l'Ente ospedaliero cantonale ticinese per le malattie sviluppate dopo aver lavorato in reparto al San Giovanni di Bellinzona, fra il 1981 e il 1987 hanno effettivamente preparato prodotti chemioterapici in un locale del reparto di chirurgia.

Le donne hanno sempre dichiarato che almeno inizialmente lo facevano senza le adeguate protezioni. Inoltre - e anche questo avrebbe confermato l'analisi interna - veniva utilizzato un prodotto a base di formaldeide (che è nociva) per pulire le superfici.

Nesso con le patologie improbabile

La ricostruzione dei fatti delle ex infermiere è dunque confermata, per la prima volta, anche dall'EOC, secondo quanto reso noto dal domenicale Il Caffè. La perizia esterna commissionata dall'Ente, tuttavia, ritiene improbabile un nesso fra il lavoro in corsia e le patologie sviluppate, che hanno portato al decesso di due delle donne.

Al riguardo, il presidente dell'EOC Paolo Sanvido, contattato dalla RSI, per il momento non rilascia dichiarazioni, ribadisce solo che «l'Ente si sta prendendo cura del suo personale».

Stando al Caffè, al gruppo sarebbe stato offerto sostegno psicologico, oltre alla disponibilità a rinunciare ai termini di prescrizione in caso di un'azione legale.