Ticino Pagati al minuto («35 centesimi lordi»), la rabbia dei driver

SwissTXT / pab

3.11.2021

Immagine d'illustrazione
Immagine d'illustrazione

Le condizioni di lavoro dei driver, ovvero dei collaboratori che trasportano il cibo preparato dai ristoranti a domicilio, stanno facendo discutere in Ticino.

SwissTXT / pab

3.11.2021

Negli scorsi giorni, i sindacati UNIA e OCST hanno denunciato il caso di Divoora, che nel giro di 24 ore ha cambiato il contratto dei propri dipendenti introducendo il conteggio del salario al minuto. Una misura che riguarda 126 persone, a detta dei titolari dell'azienda.

Le nuove condizioni di lavoro - valide a partire dl 1. novembre - prevedono una retribuzione lorda che a seconda dell’età del dipendente può essere di circa 35 o 36 centesimi al minuto: una sorta di compenso «a missione» che scatta dal momento in cui il dipendente riceve l’ordine e viene interrotta appena il cibo viene consegnato al cliente. Ad esempio, per una consegna di 21 minuti, un fattorino guadagna 7,50 franchi (benzina e auto a suo carico).

Nei tempi morti, il lavoratore non viene retribuito, ma ha sempre la possibilità di accettare o meno un ordine. C'è poi un supplemento salariale del 50% per chi lavora la domenica o nei festivi, ma non è prevista alcuna tredicesima.

Le testimonianze

Il nuovo contratto, fatto firmare da un giorno all'altro senza preavviso, è stato «uno schiaffo in faccia», secondo una collaboratrice ascoltata dalla RSI, che spiega che fino all'altro ieri, invece, i collaboratori venivano «pagati 21,05 franchi lordi all’ora più due franchi netti per il rimborso delle spese, sempre all’ora. Eravamo pagati dall’entrata in servizio fino alla chiusura dell’orario di lavoro».

Ora, invece, a suo avviso, le cose non possono funzionare. «Non lavoriamo mai un'ora intera. In media noi ci mettiamo tra 15-20 minuti per un ordine. Ovviamente il viaggio di ritorno dal punto della consegna al ristorante o al punto di ritrovo, se io non ho un altro ordine, nessuno me lo paga», osserva.

Un altro collaboratore di 25 anni dice di essere demoralizzato: «Come si fa ad andare a lavorare sapendo di essere pagati 35 centesimi lordi al minuto? È una vergogna. Siamo nel 2021, in Svizzera, in Ticino, cosa ancora più grave. Va bene essere più flessibili, ma dov'è la garanzia che io arrivo a fine mese? Così non ce la faccio», afferma.

Sindacati sul piede di guerra

«La nostra primissima azione è stata quella di avvisare l'ispettorato e valuteremo anche se intraprendere una causa civile contro questa azienda», dice sempre ai microfoni della RSI Diana Camenzind dell'OCST, ricordando che spesso si tratta di «lavoratori in disoccupazione o in assistenza che sono costretti ad accettare questo tipo di contratti senza altra possibilità».

Secondo Giangiorgio Gargantini di UNIA «non si può accettare una tale precarizzazione perché a qualcuno che svolge questo lavoro, magari solo qualche ora a settimana, queste pessime condizioni stanno bene. Abbiamo sentito quasi un centinaio di dipendenti, direttamente o indirettamente, e quasi nessuno sottolinea degli aspetti positivi».

Proprio UNIA oggi incontrerà una cinquantina di corrieri in assemblea.

La difesa dell'azienda

Al momento, da parte dell'azienda non è previsto alcun passo indietro, fa sapere Giulia Del Bue, titolare di Divoora. «Fintanto che non ci confronteremo con l'ispettorato del lavoro non prenderemo nessuna decisione. Il contratto che abbiamo fatto sottoscrivere è assolutamente legale», dice all'azienda di Comano, spiegando che è la modalità a chiamata a permettere la retribuzione «a missione».

«Nei tempi in cui il lavoratore non è ‹a missione› non viene retribuito, ma questo perché ha la piena possibilità di gestire il proprio tempo come preferisce. Il datore di lavoro non obbliga il dipendente ad accettare alcuna comanda: si ha una situazione ‹win win›», sostiene Del Bue.

Inoltre, «abbiamo tantissimi dipendenti che sono contenti», aggiunge, sottolineando come sia proprio la flessibilità a essere apprezzata dai lavoratori: «Tanti ci dicono che se dovessimo toglierla, loro per primi darebbero disdetta».