Elezioni in TicinoSe la politica cala il jolly dalla «società civile»
SwissTXT / red
16.11.2022
Il candidato indipendente, alla Boas Erez, resta un'anomalia. Il politologo Daniel Kübler alla RSI: «L'incognita è che poi l'elettore lo voti a scapito dell'esponente di partito».
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16.11.2022, 16:40
16.11.2022, 16:42
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In Ticino il candidato senza maglia appare come un’assoluta anomalia, sicuramente surclassata da voltamarsina o cambia casacca. Se ne parla in questi giorni a proposito della lista congiunta tra PS e Verdi, dove c'è l’innesto, come quinto nome, dell’ex rettore dell’USI Boas Erez. Sarà l’esponente della «società civile».
Ma cosa si intende esattamente, e senza riferimenti al singolo caso, con l’etichetta «società civile»? La RSI ha voluto capirne di più e lo ha chiesto al professor Daniel Kübler, condirettore del «Centro di studi sulla democrazia» di Aarau.
«È un termine utilizzato soprattutto in Francia e in Italia, ma meno nei paesi germanofoni, dove si parlerebbe piuttosto di ‹candidatura indipendente›. Di regola si tratta di un personaggio qualificato per competenze, funzione o esperienze personali, piuttosto che per il programma politico», risponde il politologo.
L’innesto in lista di una personalità esterna significa per i partiti rinunciare a un iscritto. In un certo senso è un salto nel vuoto. Quali sono, sulla carta, i vantaggi di una tale scelta?
«Direi soprattutto il capitale di attenzione pubblica che porta con sé un candidato indipendente. Nel caso specifico (Boas Erez, ndr.) si tratta di una personalità conosciuta in tutto il Cantone e anche oltre. I partiti che lo candidano hanno intenzione di mettere a frutto questo capitale».
E quali invece gli svantaggi o, meglio, le incognite? Oltre a quella di rinunciare a un proprio esponente.
«L’incognita può essere quella che alla fine gli elettori scelgono l’indipendente, magari togliendo il posto a un candidato di partito».
Nessuno lo ammetterà, ma è lo scenario che nessun partito si augura.
«Chiaramente. Ma il candidato indipendente può anche fornire i voti per il seggio in più. Questa, immagino, sia l’intenzione».
Difficilmente si candida l’uomo qualunque, ma si cerca un calamitatore di voti. Con quali cautele?
«È importante che il candidato esterno non contraddica l’ideologia o il programma politico della lista. Quindi deve trattarsi innanzitutto di un personaggio credibile e con una chiara affinità».
Guardando al passato recente, ci sono precedenti di successo in Svizzera per questi «senza partito»?
«A livello nazionale non direi. Tra i Cantoni ognuno fa storia a sé. A Zurigo, dove vivo, ci sono stati in passato anche candidati indipendenti che sono entrati in Governo. Sul piano comunale, invece, assistiamo a una vera e propria onda di candidature senza partito. Probabilmente è solo una questione di tempo perché l’onda salga e raggiunga i Parlamenti e gli Esecutivi cantonali».
La «candidatura dalla società civile» è un’espressione che nella politica italiana si sente molto. È perché esiste una maggiore personalizzazione?
«Nel contesto italiano direi che si tratta soprattutto di una critica alla partitocrazia. Le candidature della società civile vogliono soprattutto essere un’alternativa per quegli elettori che dei partiti hanno una pessima opinione».
Quindi la «società civile» contrapposta a una presunta «inciviltà» della classe politica?
«In Svizzera è però un aspetto poco presente. Da noi la provenienza dalla società civile, quindi l’indipendenza del candidato allude piuttosto ad un maggiore pragmatismo e flessibilità rispetto ai programmi».
Da ultimo, in una lista congiunta tra più partiti, il candidato senza maglia può rappresentare anche il nome che completa la lista, senza sbilanciarla. L’esponente della società civile può insomma essere un comodo ‹tappabuchi›?
«Perché no? In una costellazione di questo genere il candidato indipendente non ha comunque nulla da perdere e magari tutto da guadagnare se viene eletto. Anche se questo è piuttosto improbabile».