Unitas Unitas al centro di un caso di presunte molestie e mobbing

SwissTXT/Red

16.3.2022

Immagine illustrativa/foto d'archivio.
Immagine illustrativa/foto d'archivio.
©Ti-Press / Samuel Golay

L’Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana è finita al centro di un caso di presunti abusi sessuali e mobbing. La RSI ha raccolto diverse testimonianze. Una di queste racconta: «Mi ha messo le mani sulle ginocchia».

SwissTXT/Red

16.3.2022

Come riportato dalla RSI, Unitas, l’Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana, è scossa da un caso di presunte molestie sessuali e presunto mobbing da parte di una figura di riferimento interna.

È una storia assai complessa, con origini lontane, ma i cui effetti permangono su alcune persone ancora oggi, almeno secondo alcune testimonianze raccolte dalla RSI.

Cosa è successo?

Nel dicembre del 2019, secondo la ricostruzione fatta dalla RSI, il comitato di Unitas ha sollevato questa persona da tutte le cariche istituzionali e dai compiti svolti a titolo volontario per l’associazione.

All’origine della decisione c’è una «situazione delicata» (così definita in alcune mail lette dalla redazione della RSI) che riguarda una collaboratrice. Il riferimento è a comportamenti inopportuni, molestie sessuali sia fisiche che verbali, compresi palpeggiamenti e stalking.

Una persona conosciuta

L’uomo al centro degli episodi era un personaggio centrale di Unitas, uno dei pionieri che tanto si sono dati da fare negli ultimi decenni per migliorare la situazione dei ciechi e degli ipovedenti in Ticino.

Una persona molto conosciuta e anche rispettata, che ancora fa parte delle due fondazioni alla base di Unitas: quella in memoria di Tarcisio Bisi e Anita Gaggini, e la Fondazione Emma ed Ernesto Rulfo.

Una segnalazione ma nessuna denuncia

Tuttavia finora non c’è stata alcuna denuncia, ma solo segnalazioni. Infatti parlando con alcune persone coinvolte, la RSI ha scoperto dei contorni di omertà e di paura di ritorsioni legati molto probabilmente alla figura di potere dell’uomo.

In estate, una segnalazione dall’interno dell’associazione è stata inviata al Dipartimento della sanità e della socialità (DSS), che in ottobre l'ha trasmessa alla polizia, che a fine gennaio ha stilato un rapporto. Di martedì, invece, è la notizia di non luogo a procedere della magistratura ticinese, non tanto per i contenuti quanto per prescrizione.

Sul piano amministrativo il DSS valuterà come continuare. Giova ricordare che Unitas percepisce poco più di 2 milioni di franchi di sussidi cantonali all’anno.

La testimonianza di una utente

«Mi mettono in una sala conferenze, mi siedo, aspetto un attimo e arriva. Si siede in faccia a me e subito sento le sue mani sulle mie ginocchia. Lì mi sono detta "oddio, cosa faccio? Stai calma che tra un attimo vai via da qui". Non vedevo l’ora di andare via perché continuavo a sentire le mani», racconta una utente di Unitas, alla RSI, sotto condizione di anonimato.

«In quel momento mi sono alzata e si è alzato anche lui, e mi sono sentita spingere verso il muro. Ha cercato di darmi un bacio, io ho voltato la faccia e lui mi ha detto: "Ah, i tuoi baci sono riservati a qualcun altro?" Ho detto "sì". Allora mi ha lasciata andare».

«I giorni successivi ha continuato a chiamarmi scusandosi, dicendo che non era successo niente. Una volta davanti a tutti mi ha fatto una battuta. Mi ha detto "Sai qual è l’organo più leggero?". Mi sono sentita piccola così. E mi ha detto: "È il pene, si alza solo con il pensiero". Mi sono sentita sprofondare. Da quel momento ho cercato di evitare le attività di Unitas, perché era un disagio sentire la sua presenza», continua l'intervistata alla RSI.

La donna però non ha denunciato il suo aggressore: «Già era abbastanza doverlo incontrare, non volevo avere a che fare con lui ancora privatamente. Quindi ho evitato di raccontare a qualcuno o di denunciarlo. Oggi penso che forse ho sbagliato, forse nel 2017 avrei già dovuto denunciare», spiega.

La testimonianza di alcuni collaboratori

«La cosa che è successa a lei, è successa ad altre persone, sia ciechi che volontari sempre nell’ambito Unitas. Purtroppo quando dicevo di denunciare, tanti hanno fatto un passo indietro perché c’era la paura che questa persona potesse fare chissà che cosa. Tanti mi hanno detto «ho famiglia, fa niente, mi sono già spiegato con lui e non faccio più niente"», racconta un collaboratore alla RSI.

E un altro testimone: «In questi giorni abbiamo raccolto testimonianze anche di volontarie che hanno raccontato che quando accompagnava ad esempio dava il braccio così allungava la mano per toccare i seni. Oppure ti prendeva da dietro, o addirittura metteva le mani in mezzo alle gambe. E questo da diverse persone. Tanto lui è così, ci si sentiva dire, è un vizietto».

Le accuse di mobbing

L’Associazione si è dotata non da molto di un codice sociale e etico. L’uomo è anche associato ad accuse di mobbing, come raccontano alla RSI altri due testimoni, ex collaboratori di Unitas.

Uno spiega: «Con Manuele Bertoli come direttore di Unitas ho lavorato benissimo». Una volta eletto nel Consiglio di Stato sono iniziati i problemi. La persona ha raccontato di essere stata vittima di «tranelli» in cui gli veniva detto che le attività erano state organizzate ma poi non era così e la colpa gli veniva addossata davanti a tutti. Per l'ex collaboratore questo comportamento era dovuto al fatto che le sue capacità offuscavano «l'aura» di cui godeva il responsabile.

Un'altra testimonianza racconta dell'onnipresenza del personaggio in ogni attività: «Era onnipresente dietro le quinte e bloccava ciò che stavo facendo per i soci. (...) Lui voleva sempre metterci lo zampino». 

Dal confronto con i testimoni sono emersi anche altri particolari sul ruolo del comitato e qualche interrogativo rimane anche su quello del presidente dell'attuale Consiglio di Stato Manuele Bertoli, per anni direttore e vicedirettore di Unitas, citato anche da uno degli interlocutori della RSI.

Bertoli è tuttora presente nel consiglio di Unitas,, dove rimane la persona in questione. Martedì su «laRegione» Bertoli asserisce di non essere mai stato informato né di essere a conoscenza diretta di casi di molestie.

Qual è la posizione del comitato?

«Siamo a conoscenza di un caso in maniera precisa, si tratta di una signora che ha subìto delle molestie verbali e che di fatto si è ritenuta soddisfatta rispetto ai provvedimenti molto drastici che abbiamo preso nei confronti di questa persona», fa sapere alla RSI Dante Balbo, membro del comitato di Unitas. «Poi ci sono stati segnalati altri due casi, per i quali però le persone non hanno voluto fare nulla se non segnalare la situazione», ha aggiunto.