Un risultato deludente: è la reazione Hans-Ueli Vogt, professore di diritto, consigliere nazionale (UDC/ZH) e "padre" dell'iniziativa sull'autodeterminazione, per la quale si sta profilando una chiara bocciatura.
"Ovviamente mi aspettavo un sostegno maggiore", ha detto Vogt alla radio SRF. A suo avviso gli oppositori hanno avuto il vantaggio di poter proporre diversi argomenti contrari. "Noi invece abbiamo dovuto cercare di motivare in modo piuttosto astratto perché il diritto di voto era in pericolo". "Forse non era ancora arrivato il momento giusto per mostrare come la democrazia diretta stia lentamente morendo", osserva Vogt. "Questo è stato forse un errore", ha aggiunto.
Il consigliere nazionale Thomas Matter (UDC/ZH) si è invece detto poco sorpreso: "eravamo preparati al no", ha detto alla radio SRF. "La campagna aggressiva e avulsa dalla realtà dei contrari, che avevano a disposizione mezzi illimitati, ci ha fatto capire già un paio di mesi or sono che non avevamo chance", ha osservato Matter. "Veglieremo però affinché il popolo possa continuare ad avere il diritto di decidere".
Anche il presidente UDC Albert Rösti è convinto che la bocciatura è frutto della campagna aggressiva e calunniosa portata avanti dai contrari. Ora l'UDC osserverà con attenzione come si terrà conto degli aspetti legati ai diritti popolari in dossier come l'accordo quadro con l'Ue o il patto migratorio, ha indicato il consigliere nazionale bernese. Nonostante il no popolare, Rösti si è detto comunque fiero di come in questi mesi si sia discusso della democrazia diretta.
"Un enorme sollievo" è invece la prima reazione di Andrea Huber, dell'Alleanza della società civile - Fattore di protezione D. "Il popolo svizzero non si è lasciato trarre in inganno dalla campagna non in linea con i fatti portata avanti dall'UDC", ha affermato Huber ai microfoni di radio SRF.
Per il capogruppo PS alle Camere federali Roger Nordmann la bocciatura mostra che gli svizzeri sono stanchi dell'UDC: questo è un buon segnale per gli altri partiti in vista delle elezioni federali del 2019.
Mentre secondo la direttrice di Economiesuisse Monika Rühl il no che si profila alle urne è in realtà un sì a una Svizzera aperta al mondo. In ultima analisi in gioco vi era un aspetto centrale per il mondo economico, l'accesso ai mercati internazionali, ha indicato Rühl a Keystone-ATS. Gli accordi internazionali sono particolarmente importanti per una nazione esportatrice come la Svizzera
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