Editoriale Contro il COVID-19 abbiamo bisogno di campioni o semplici cittadini?

Paolo Beretta

8.4.2020

«Uno per tutti, tutti per uno», Sarà davvero così nella difficoltà?
«Uno per tutti, tutti per uno», Sarà davvero così nella difficoltà?
KEYSTONE/ALESSANDRO DELLA BELLA

Per far fronte alla pandemia il Consiglio federale non punta sui divieti ma fa appello ai valori fondatori della Svizzera. Una scommessa rischiosa. E il Ticino in difficoltà, con la Pasqua alle porte, spera che ad averla vinta sia il Governo.

Dall’inizio della crisi le autorità federali hanno fatto un richiamo costante ai valori fondamentali della società svizzera: il bene comune è costruito consapevolmente da ognuno di noi.

Ognuno deve dare il proprio contributo

«Puntiamo sulla responsabilità individuale per il bene collettivo. Abbiamo un destino comune che scegliamo con le nostre singole azioni», va ripetendo Alain Berset. Lo ha fatto pure Ignazio Cassis, citando il motto ufficioso della Svizzera, scritto sulla volta di Palazzo federale: «Uno per tutti, tutti per uno». Il concetto è chiaro: l’epidemia è superabile solo se ognuno fa e farà la sua parte. Andando magari contro i propri interessi.

Niente confinamento forzato come invece succede in molti altri paesi confrontati con la pandemia, Francia e Italia in testa.

La scommessa è notevole. Perché in gioco c’è la salute di un intero popolo. E perché, nella nostra società dell’individualismo spinto all’estremo, si chiede al singolo cittadino di rinunciare a un pezzo della propria libertà adesso per un bene collettivo, immateriale, e futuro.

«Uno per tutti, tutti per uno»

Ad avere paura di questo individualismo senza cultura, oggi, sono soprattutto le comunità nelle regioni turistiche prese di solito d’assalto nelle vacanze pasquali, ma che sono particolarmente fragili di fronte alla pandemia. In cima alla lista c’è il Ticino che chiede a gran voce ai vacanzieri di non raggiungere il Sud delle Alpi.

Ma come impedirlo a famiglie con consolidate tradizioni e che lì hanno una casa secondaria? Non certo chiudendo le vie d’accesso come invocato da alcuni politici locali. La risposta di Berset, e non poteva essere altrimenti, è stata negativa. «Siamo un solo Paese. Chiudere il Gottardo sarebbe un segnale sbagliato».

La soluzione è il continuo richiamo ai valori evocati dal motto «Uno per tutti, tutti per uno». Che applicato alla situazione difficile del Ticino significa una sola cosa: che turisti e confederati, quest’anno per Pasqua, rimangano a casa.

Chi comunque si sposterà deve essere cosciente che in caso di necessità il sistema sanitario potrebbe non rispondere in modo adeguato. Per mancanza di posto o di forze. Perché il Ticino con i suoi 7'100 contagi per un milione di abitanti è davanti alla martoriata Lombardia, con 5'025 malati per milione di abitanti. La media svizzera si ferma a 2'400 contagi per un milione.

Il sistema sanitario rimane fragile

Il numero di morti è importante e lascia impressionati. Nei giorni più critici di marzo, per esempio, le autorità hanno individuato un luogo vicino alla Resega di Lugano dove mettere le bare nel caso in cui i forni crematori ticinesi non fossero stati in grado di smaltire tutte le salme. Impossibile in quei momenti non pensare alle immagini della città di Bergamo.

Il Ticino, secondo il medico cantonale Giorgio Merlani, ha raggiunto il picco dell’epidemia lunedì, ma è alla quinta settimana di pandemia. Il sistema sanitario è arrivato vicino alla saturazione. Ha retto ma rimane fragile. Un arrivo anche non massiccio di turisti o confederati aumenta la probabilità di incidenti, che necessitino di cure ospedaliere, e quindi di rottura del difficile equilibrio faticosamente trovato.

«Siete dei campioni» ha detto Merlani ai ticinesi, in un raro slancio di contenuto entusiasmo, per aver seguito le forti restrizioni che hanno reso possibile il controllo dell’epidemia.

Il Consiglio federale non ci chiede di essere dei campioni, che per definizione compiono gesta straordinarie ai confini delle possibilità umane. Ci chiede solo una cosa: di essere noi stessi: svizzeri. Di essere quello in cui crediamo e che ci ha sempre unito nelle diversità: cittadini elvetici consapevolmente responsabili gli uni per gli altri nelle avversità. E in tempo di pandemia da Coronavirus significa anche e soprattutto una cosa (sola): rimanere a casa.

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