Materiale bellico Export armi: Schneider-Ammann ci ripensa

ATS

31.10.2018 - 09:45

Il consigliere federale Johann Schneider-Ammann (foto d'archivio)
Il consigliere federale Johann Schneider-Ammann (foto d'archivio)
Source: Keystone/STEFFEN SCHMIDT

Johann Schneider-Ammann ci ripensa: il ministro dell'economia proporrà al Consiglio federale di "aspettare prima di agire" riguardo alla prospettata liberalizzazione dell'ordinanza sul materiale bellico.

"La pressione esterna ha giocato un ruolo", ha detto a due giornali romandi.

"È effettivamente necessario studiare le attuali condizioni di mercato e analizzare i vantaggi e le conseguenze di un simile allentamento" dei criteri di esportazione, spiega il consigliere federale dimissionario su "24 Heures" e "La Tribune de Genève".

"Abbiamo discusso e soppesato molto i pro e i contro e siamo giunti alla conclusione che non è molto realistico né molto intelligente continuare il processo di liberalizzazione in un tale momento", aggiunge Schneider-Ammann. "L'Arabia Saudita riceverà al massimo ciò che è stato negoziato e firmato per pezzi di ricambio e munizioni", aggiunge il consigliere federale bernese.

Il 15 giugno il Consiglio federale, sollecitato dall'industria elvetica dell'armamento, aveva annunciato di essere disposto ad autorizzare le esportazioni di armi verso paesi in cui è in atto una guerra civile se non vi è motivo di credere che le armi saranno utilizzate nel conflitto. Questa decisione ha suscitato aspre critiche provenienti da tutti i partiti, salvo il PLR e l'UDC.

Una alleanza contro le esportazioni di armi nei paesi in guerra civile - formata da esponenti di PS, Verdi, Verdi liberali, Borghesi democratici, Evangelici, ambienti ecclesiastici e organizzazioni umanitarie - ha annunciato il mese scorso una "iniziativa di correzione" ("Korrektur-Initiative") se il Parlamento non avesse fatto tornare sui suoi passi il Consiglio federale. E nel giro di due giorni ha trovato 25'000 persone che si sono dichiarate disposte a raccogliere ciascuna quattro firme, per raggiungere le necessarie 100'000 sottoscrizioni.

L'alleanza - sostenuta anche da Amnesty International - vuole tornare alla situazione precedente il 2014, prima di un primo allentamento che ha permesso di esportare verso paesi che sistematicamente violano i diritti fondamentali.

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