Il presidente dell'UDC Chiesa: «Mi sta dicendo che pure io sarò eletto in Consiglio federale?»

Di Monique Misteli, Gil Bieler, Christian Thumshirn

7.2.2023

Mancano ancora nove mesi alle elezioni federali. Il presidente dell’UDC Marco Chiesa ci racconta in un'intervista come il partito vuole riconquistare gli elettori e quando ha mangiato per l'ultima volta cibo vegano.

Chiesa: «Cibo vegano? Non è proprio la mia prima scelta»

Chiesa: «Cibo vegano? Non è proprio la mia prima scelta»

Il presidente dell'UDC Marco Chiesa risponde ad alcune domande "leggere" di bleu News, ad esempio su quale musica si addice all'UDC, su quando ha mangiato vegano l'ultima volt o su quale luogo comune sulla Svizzera è vero.

03.02.2023

C. Thumshirn

7.2.2023

«Liberi e sicuri»: gli slogan elettorali sono stampati in tedesco, francese e italiano sui poster appesi alle pareti della sala del gruppo parlamentare dell’UDC a Palazzo federale.

«E neutrali» aggiunge Marco Chiesa, prima di voltarsi e introdurre una capsula di caffè nella macchinetta.

Il 48enne è al timone dell’UDC da due anni e mezzo. Lo attende un anno elettorale difficile. La pressione è alta per evitare un'altra sconfitta come nelle elezioni del 2019. A nove mesi dal voto, il ticinese è estremamente fiducioso di riuscire a mobilitare un numero sufficiente di elettori con le ricette che gli sono familiari.

Signor Chiesa, un anno elettorale è un anno speciale per un presidente dell’UDC? Per i democentristi si tratta di una campagna elettorale non-stop.

Sono molto spesso in viaggio. Da Ginevra a Frauenfeld, da Basilea a Mendrisio. È importante, soprattutto in un anno di elezioni, avere il polso della base.

Il suo predecessore alla guida dell’UDC, Albert Rösti, ha perso le ultime elezioni del 2019 e poco dopo non era più in carica. Lei rischia di subire lo stesso destino?

Mi sta dicendo che sarò eletto anch'io in Consiglio federale come il mio predecessore? Guardi, nel ruolo di presidente, non ho e non posso aver paura di lottare per i valori del nostro Paese.

L'UDC ha perso il 3,8% dei suoi elettori. Secondo le vostre stesse dichiarazioni, in autunno il partito vuole riconquistare 100.000 voti. Come pensa di farlo?

Il 2019 è stato un anno di elezioni monotematiche. Il clima ha dominato l'agenda politica. Non siamo riusciti a portare i nostri elettori alle urne. Ma la crisi energetica e gli alti prezzi dell'energia dimostrano che le promesse fatte alla popolazione erano completamente fuori dalla realtà.

L'elettorato ha accettato l'abbandono del nucleare solo pochi anni fa. Ora l’UDC, tra tutti i partiti, è a favore delle centrali nucleari. Perché volete ignorare la volontà del popolo?

Si ricorda cosa aveva promesso al popolo l'allora consigliera federale Doris Leuthard? Disse che la sicurezza dell'approvvigionamento era garantita, che in Europa si sarebbe prodotta in ogni caso elettricità a sufficienza. E l'intera transizione sarebbe costata solo 40 franchi all'anno per famiglia. Questa cosiddetta strategia energetica è brutalmente fallita. Se si vuole un approvvigionamento energetico sicuro, bisogna puntare su diverse fonti energetiche senza vietare le tecnologie. Solo così si potrà affrontare in modo affidabile l'abbandono dei combustibili fossili.

Ma il vento, il sole e l'energia idroelettrica sono tutte forme di energie rinnovabili con le quali possiamo liberarci dalla dipendenza dall'estero, il che dovrebbe rendere felici i membri dell’UDC.

Naturalmente dobbiamo investire nelle energie rinnovabili. Ma non dobbiamo ignorare i fatti. Il vento e il sole forniscono troppa poca elettricità in inverno, ossia proprio nel momento in cui ne abbiamo più necessità. Le ricordo inoltre che solo per sostituire la produzione di energia delle centrali nucleari svizzere che spegneremo, dovremmo costruire 17 centrali di pompaggio delle dimensioni della Grande Dixence. Potrebbe dirmi dove? Tra l’altro, le faccio notare che, per vent'anni, le associazioni ambientaliste della sinistra ecologista hanno persino impedito l'innalzamento della diga del Grimsel. Finché non riusciremo a immagazzinare l'energia in misura sufficiente, dovremo affidarci a fonti energetiche il più possibile diversificate, e ciò senza divieti tecnologici.

Sia la Svizzera che l'UE si sono poste l'obiettivo di azzerare le emissioni entro il 2050. Il vostro partito critica questo traguardo. Volete stare semplicemente a guardare il cambiamento climatico?

La Svizzera è esemplare. Abbiamo ridotto in modo significativo le emissioni di CO2 pro capite. Ma come si fa a risparmiare energia quando ogni anno arrivano in Svizzera da 70.000 a 80.000 persone in più? Tutta questa gente ha anch’essa necessità di elettricità, ospedali, scuole, acqua, automobili o mezzi pubblici e appartamenti. Gli ecologisti di sinistra, che vogliono salvare il mondo, vogliono pure spegnere le centrali nucleari, che, tra l'altro, producono elettricità anche nei mesi invernali quando tutti i pannelli solari sono inutili, senza generare emissioni di CO2.

Avete lanciato il referendum contro la legge quando a capo del Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni (DATEC) c’era la socialista Simonetta Sommaruga. Ora però alla testa del DATEC c’è Albert Rösti, consigliere federale dell'UDC. Rovinerà la vostra campagna elettorale?

Al contrario. Albert Rösti è stato uno dei promotori del referendum come consigliere nazionale ed evidentemente lo ha sottoscritto. Ora, come consigliere federale, deve rappresentare collegialmente l'opinione del Governo. Questa è la natura del nostro sistema politico e il ruolo che Rösti riveste.

Prima dell'intervista, lei ha parlato della neutralità come di un altro tema della campagna elettorale. L’UDC si nasconde dietro a questa parola. Avete paura della vendetta di Putin?

Temo un'espansione del conflitto e l'uso di armi sempre più distruttive. Stiamo andando verso una profonda spaccatura geopolitica. Stati Uniti ed Europa da una parte, Russia e Cina dall'altra. È un mondo che non vorrei lasciare ai miei figli.

La Commissione per la politica di sicurezza del Consiglio nazionale vuole autorizzare l'esportazione di materiale bellico in Ucraina.

Queste esportazioni seppellirebbero la nostra neutralità. A parte il fatto che la legge sul materiale bellico non lo consente. Sono molto preoccupato per il modo in cui gli altri partiti stanno mettendo a rischio la nostra sicurezza. Non dovremmo interferire nei conflitti esteri. Grazie alla neutralità, il nostro popolo è stato risparmiato da guerre sanguinose per oltre 200 anni.

Passiamo al tema che da sempre contraddistingue l’UDC: l'asilo e la politica migratoria. Se la questione dell'asilo sta così a cuore all'UDC, perché allora i consiglieri federali democentristi Albert Rösti e Guy Parmelin non hanno assunto la direzione del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP), ma l'hanno lasciata alla socialista Elisabeth Baume-Schneider?

È stata una decisione del Consiglio federale. Su questa scelta non abbiamo avuto alcuna influenza.

In questo senso, l’UDC non vuole assumersi responsabilità?

Se avessimo un terzo seggio in Consiglio federale, la situazione sarebbe diversa e l'UDC si prenderebbe volentieri la responsabilità anche del DFGP.

L'UDC presenta sempre la migrazione come un problema. Ma senza l'immigrazione, la carenza di lavoratori qualificati sarebbe ancora più grave.

È una questione di misura. Negli ultimi dieci anni, un milione di persone sono immigrate nel nostro Paese, eppure ci si lamenta ancora della carenza di lavoratori qualificati. C'è qualcosa che non va. L'immigrazione è troppo elevata e non è adeguata alle esigenze della Svizzera. Stiamo andando velocemente in direzione di una Svizzera da 10 milioni di persone. Noi vogliamo che la Svizzera resti la Svizzera.

Infine, una breve dichiarazione sul caso Berset, che probabilmente influenzerà anche la campagna elettorale. Il consigliere federale socialista dovrebbe dimettersi?

Se sapeva dello stretto scambio tra il suo capo della comunicazione Peter Lauener e l’amministratore delegato di Ringier Marc Walder, allora sì. Se non ne sapeva nulla, allora c'è una crisi di conduzione nel Dipartimento. Spetta ora alle Commissioni della gestione stabilire i fatti.

Nota della redazione per la trasparenza: Marco Chiesa, per motivi di tempo, ha risposto in un secondo momento per iscritto alle domande sull'Ucraina.