Epidemia Per il nuovo capo della task force l'app SwissCovid ha un grande potenziale

ATS

22.7.2020 - 08:53

Un utente mentre apre l'app per le strade di Lugano.
Un utente mentre apre l'app per le strade di Lugano.
Source: KEYSTONE/Ti-Press/Pablo Gianinazzi

Malgrado l'efficacia debba ancora essere testata, l'app SwissCovid ha grande potenziale. Ne è sicuro Martin Ackermann, che dal primo agosto prenderà le redini della task force scientifica creata dalla Confederazione per il coronavirus sostituendo Matthias Egger.

È importante disporre di buoni dati riguardo all'epidemia in Svizzera, ha affermato Ackermann in un'intervista apparsa sulle edizioni odierne dei giornali del gruppo CH Media.

Per l'esperto in microbiologia al Politecnico di Zurigo e all'Istituto di ricerca sulle acque (Eawag) è «fondamentale sapere in quali situazioni si verificano i contagi».

In questo senso, l'app SwissCovid, che ieri era attivata sui cellulari di 945'700 persone, è un'ottima risorsa. Tuttavia al momento mancano una serie di informazioni per capire la sua reale utilità.

Ad esempio non si sa quante delle persone che hanno ricevuto una notifica – in quanto entrate in contatto per un certo lasso di tempo con un individuo poi risultato positivo – siano state effettivamente infettate, dichiara lo scienziato.

Stando ad Ackermann l'app è uno degli strumenti più rilevanti tra tutti quelli impiegati nella lotta contro la pandemia. L'obiettivo è ora di ampliare il suo raggio d'influenza, convincendo un'altra fetta della popolazione a scaricarla e attivarla sul proprio smartphone.

Rimpatri dopo le vacanze, questione complessa

Nell'intervista il futuro responsabile della task force ha inoltre commentato la questione dei rimpatri dopo le vacanze, particolarmente spinosa per chi rientra da un Paese considerato a rischio dal punto di vista epidemiologico. Come noto, un viaggio in uno di questi Stati comporta l'obbligo di quarantena una volta tornati in Svizzera.

Secondo Ackermann «non è realistico» intercettare e registrare tutti i viaggiatori negli aeroporti o alle frontiere. Spetta dunque a ogni singolo individuo annunciarsi alle autorità e mettersi in quarantena per dieci giorni scongiurando la possibilità di contagiare altre persone.

A tal proposito, Ackermann si dice convinto che la comunicazione debba migliorare. «La gente deve essere consapevole del fatto che si prende dei rischi» quando si reca in Paesi con una difficile o poco chiara situazione riguardo al coronavirus.

Ennesimo punto delicato sulla diffusione del virus è quello relativo al pericolo per i nonni che si prendono cura dei nipoti durante le vacanze. «È dimostrato che i bambini si infettano meno spesso e trasmettono la malattia meno facilmente», riconosce Ackermann, aggiungendo però che «può succedere».

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