«È una domenica nera» per l'UDC, scrive il Journal du Jura, parafrasando il consigliere federale Jean-Pascal Delamuraz dopo che gli svizzeri si erano rifiutati di entrare nello Spazio economico europeo (SEE) nel 1992: cinque oggetti in voto, quattro sconfitte.
«Tre cittadini su cinque hanno spazzato via l'iniziativa di limitazione molto populista», precisa il quotidiano. «In un momento in cui la crisi che segue la pandemia di coronavirus sta colpendo duramente l'economia del Paese, gli elettori non hanno voluto aggiungere un altro tassello».
Con il Covid-19 «alcune bussole hanno trovato il loro nord», fa eco Le Courrier, che da parte sua sottolinea le quattro vittorie della sinistra sui cinque oggetti sottoposti al voto.
Ad «una chiusura delle frontiere guidata dall'iniziativa di limitazione dell'UDC», gli svizzeri hanno preferito «trovare una modalità dinamica di scambio con i paesi vicini tutelando i dipendenti piuttosto che il rifiuto e la paura verso i frontalieri, su cui i nostri ospedali devono poter contare per continuare a funzionare», aggiunge il quotidiano di Ginevra.
La vittoria di una donna
Per Le Temps il no a oltre il 61% è «un plebiscito per la libera circolazione delle persone» e una conferma che «la via bilaterale è la giusta strategia» con l'Unione Europea (UE).
Se questo successo è dovuto a una «campagna esemplare», soprattutto grazie a una «forte alleanza» tra datori di lavoro e sindacati, è «anche quello di una donna: Karin Keller-Sutter», la ministra della giustizia che si è impegnata «senza risparmiarsi con un discorso chiaro e positivo [...] Con questa vittoria, la sangallese assume una nuova dimensione all'interno del governo».
Oltre a una conferma dell'attaccamento al percorso bilaterale, il popolo svizzero «ha riconosciuto chiaramente il suo errore del 9 febbraio 2014», quando con una maggioranza davvero risicata aveva accettato l'iniziativa «contro l'immigrazione di massa», giudica Le Quotidien Jurassien. «Questo rifiuto è stato fondamentale per il futuro economico del Paese, ma anche per i rapporti di buon vicinato con l'Unione europea».
Una «via crucis»
Ma se «il primo partito del Paese ha ricevuto uno schiaffo sul suo tema prediletto», il risultato di domenica è «un 'sì' all'Europa condizionato», scrive La Liberté. «Il Consiglio federale dovrà infatti decidere nelle prossime settimane se firmare o meno l'accordo istituzionale con l'UE», ricorda il quotidiano di Friburgo. «Tuttavia, come le previsioni del tempo, il termometro politico in Svizzera è improvvisamente sceso di qualche grado e il progetto sul tavolo non convince più molte persone».
Restano aperti alcuni punti molto delicati, precisa Le Temps: «le misure di accompagnamento, la direttiva sui diritti dei cittadini europei e gli aiuti di Stato».
Di fronte a un'UE che non vuole più la via bilaterale, «ma chiede un accordo istituzionale che leghi la Svizzera alle decisioni della Corte di giustizia europea», i negoziati si configurano come una «via crucis» per la Svizzera, credono La Tribune de Genève e 24 Heures.
«Poiché è pericoloso dire francamente no a un colosso come l'UE, il Consiglio federale giocherà per tempo presentando un elenco di richieste. Stiamo quindi assistendo direttamente a un lento deterioramento dei rapporti nonostante i discorsi ufficiali», aggiungono i due quotidiani, sottolineando il rischio di sanzioni da Bruxelles. «E l'accordo istituzionale, che era già poco fresco, diventerà moribondo».
Un «fiasco» per l'UDC
Come la stampa romanda, anche i giornali della Svizzera tedesca sottolineano la severa sconfitta dell'UDC e una «professione di fede» per il percorso bilaterale.
Per Blick, la prima formazione politica del Paese ha vissuto domenica «il suo più grande fiasco da quando Christoph Blocher è stato espulso dal Consiglio federale nel 2007». Il testo del partito populista ha ottenuto solo il 38% dei voti, «con l'immigrazione come tema centrale!», esclama il quotidiano zurighese.
«La leadership dell'UDC si è presa una batosta attaccando la libera circolazione», aggiunge il Tages-Anzeiger. Questo rifiuto degli svizzeri «dovrebbe far riflettere il partito: ha fuso due dei suoi temi preferiti, l'immigrazione e le relazioni con l'UE, in un'iniziativa popolare. Ma non è riuscito nemmeno a provocare una discussione».
Il declino dell'UDC
La Südostschweiz va anche oltre, parlando di un declino dell'UDC. «La festa è finita. Mancano voci importanti e leader, come dimostra l'esitazione del valzer a nominare un nuovo presidente». Il quotidiano ritiene che gli accordi bilaterali con l'UE siano sempre stati di gradimento degli svizzeri, che li hanno sempre difesi.
Stessa storia con la Neue Zuercher Zeitung. Secondo il foglio zurighese il rigetto dell'iniziativa è «una professione di fede» per il cammino bilaterale. «Dopo la parentesi [dell'iniziativa «contro l'immigrazione di massa» accolta nel 2014», ndr], la Svizzera ha confermato per l'ennesima volta la libera circolazione delle persone e gli accordi bilaterali» con l'UE, aggiunge il quotidiano. Osserva inoltre che, sebbene la Svizzera abbia sempre bisogno di due o più tentativi, «rimane un partner affidabile a lungo termine» per l'UE.
«In retrospettiva, il 'sì' all'iniziativa sull'immigrazione di massa nel 2014 sembra essere un contrattempo», afferma il Bund. «Gli svizzeri hanno meno problemi con gli spagnoli, gli europei dell'est e tutti gli altri cittadini dell'UE che lavorano e vivono qui rispetto a quanto sostiene l'UDC», continua il quotidiano bernese. «Il chiaro sostegno alla libera circolazione delle persone mostra che il disagio è limitato, sia che si tratti di concorrenza sul posto di lavoro, espansione urbana incontrollata o istituzioni di assistenza sociale».