Medio oriente«Questo non farà cedere l’Iran, anche se è quello che crede Trump»
Philipp Dahm
10.9.2020
Quali sono gli effetti delle continue sanzioni imposte all’Iran? E la Svizzera come tenta di fare da intermediario? Incontro con Philippe Welti, ex ambasciatore svizzero a Teheran.
Philippe Welti ha lavorato nel servizio estero svizzero dal 1979 al 2011. Dopo aver diretto la divisione Politica di sicurezza del DDPS per sei anni, ha accettato il posto di ambasciatore a Teheran nell’agosto 2004. Lo zurighese è rimasto nella Repubblica islamica quattro anni e lavora adesso come consigliere strategico.
In occasione del viaggio in Iran del capo del Dipartimento federale degli Affari esteri Ignazio Cassis, terminato lunedì con un incontro con il presidente Hassan Rohani e il ministro degli Affari esteri Mohammed Javad Zarif, «Bluewin» ha avuto una conversazione telefonica con il settantunenne ex ambasciatore sul tema delle sanzioni, delle loro conseguenze e del leale servizio reso dalla Svizzera.
Quali sono gli effetti economici delle sanzioni occidentali?
Gli iraniani convivono con le sanzioni da decenni. Hanno adattato la loro economia di conseguenza e hanno imparato a vivere con queste difficili condizioni esterne. Questo ha avuto un impatto poiché sono nate sempre più industrie sostitutive per produrre ciò che in passato il Paese acquistava all’estero. Alcuni esportatori svizzeri tornano dopo anni di assenza e notano che non c’è più bisogno di loro. Gli iraniani possiedono una base industriale importante e una solida tradizione. E questa non si limita al petrolio o al gas: l’Iran ha un’economia nazionale completa.
E quali sono gli effetti sulla vita della popolazione?
Le sanzioni hanno un impatto notevole. È chiaro che le condizioni dell’economia stanno andando sempre peggio e che lo stesso si può dire della popolazione. Questo Paese è davvero sotto pressione.
A cosa portano le sanzioni?
Non faranno cedere l’Iran, benché questo sia ciò che crede Donald Trump. Non ci sarà nemmeno un cambio di regime: non esisitono strutture alternative in grado di prendere il comando.
Le aziende svizzere che vogliono condurre attività economiche in Iran devono temere gli Stati Uniti?
La maggior parte delle merci scambiate a livello internazionale non sono vietate e il loro commercio non è proibito in sé. Il problema è che le sanzioni degli Stati Uniti, che sono unilaterali, hanno l’effetto di ostacolare fortemente le transazioni finanziarie internazionali, e svizzere in particolare, legate all’Iran.
Quali sono le alternative?
La Svizzera ha istituito il «canale di pagamento umanitario» che permette pagamenti espressamente autorizzati dagli Stati Uniti. Si tratta di «beni umanitari», cioè di merci provenienti dai settori farmaceutici o agroalimentari o di dispositivi medici.
Su cosa si basa questo sistema?
Sullo Swiss Humanitarian Trade Arrangement che è stato negoziato con gli Stati Uniti e l’Iran. L’amministrazione di qesto canale spetta alla SECO di Berna. È stato messo a disposizione delle aziende interessate un indirizzo mail: shta@seco.admin.ch. Il problema di questo canale è che è complesso, ma permette scambi commerciali con il permesso espresso degli Stati Uniti.
Come funziona concretamente per un imprenditore?
Scrivedo alla SECO e bisogna poi compilare diversi moduli. Per poter spedire e ricevere pagamenti attraverso questo canale, bisogna rispondere a una serie di domande – sul mittente e sul destinatario. Serviranno forse il riconoscimento dell’identità, attestati o documenti dei fornitori. Tutto questo è costoso, ma la SECO è utile anche per fornire consigli alle imprese: il canale deve essere utilizzato anche per questo.
E se qualcuno non utilizzasse questo servizio?
Se non si utilizza il canale, ci si trova di fronte a trasferimenti di denaro molto difficili. Il commercio di beni che provengono dai settori della tecnologia nucleare, dell’industria degli armamenti e – in certi casi – dei beni «a doppio uso» sono espressamente vietati. Questi ultimi sono in realtà beni civili ma possono essere usati anche in altri settori. Quando si tratta di queste merci, la SECO deve certificare che tutto è in regola e si deve avere un’autorizzazione speciale dal servizio. In teoria comunque gli scambi commerciali con l’Iran sono autorizzati.
L’Occidente rischia di spingere l’Iran tra le braccia di altre grandi potenze?
È già accaduto. La Russia è un cattivo partner poiché non è competitiva nel settore dei beni civili e industriali. Esporta energia, nello specifico petrolio e gas, e a questo riguardo è in concorrenza con l’Iran. Il partnenariato con la Russia ha rilevanza nel settore degli armamenti.
E la Cina?
Il caso della Cina è completamente diverso: la Cina è in grado di fornire una gamma completa di beni industriali, d’investimento e di consumo che prima venivano acquistati in Europa. A quanto mi risulta, non è ciò che vogliono gli iraniani, loro cercano la qualità europea e sono disposti a pagare i prezzi europei. Ma è diventato difficile e la Cina fa un grande sforzo per sostituire gli ex fornitori – e fino ad oggi ha avuto un certo successo, sembra.
Quale ruolo gioca Pechino nella regione?
La Cina è in grado di rafforzare la sua posizione nella regione. Questo ha un’importanza strategica nel Golfo Persico ma anche nell’Asia centrale. Si tratta di creare uno spazio per l’iniziativa cinese della Nuova via della seta. I cinesi lavorano a queste relazioni e si spingono verso l’occidente.
La Svizzera rappresenta gli Stati Uniti in Iran da ormai 40 anni. Come funziona?
Le relazioni internazionali complesse prevedono due livelli. Il primo si compone di relazioni diplomatiche tra i due governi, il secondo ingloba relazioni consolari, che riguardano gli interessi dei cittadini a titolo individuale – per esempio quando un cittadino statunitense è ricoverato o viene arrestato. La Svizzera prende in carico questi due ambiti per conto degli Stati Uniti.
Qual è la missione della Foreign Interest Section dell’ambasciata?
La Foreign Interest Section dell’ambasciata si occupa di questioni consolari, cioè di cittadini statunitensi in Iran. L’ambasciatore è invece personalmente responsabile del canale diplomatico. Ecco perché si reca anche a Washington due volte l’anno per consultarsi con gli Stati Uniti.
La Svizzera non rappresenta più solo Washington a Teheran…
Ultimamente si è aggiunto anche il conflitto con l’Arabia Saudita. Attualmente la Svizzera ha un doppio mandato: quello di Teheran per controllare gli interessi iraniani in Arabia Saudita e quello di Riyad per proteggere gli interessi sauditi in Iran. Il fatto che il mandato sia a doppio senso lo differenzia da quello statunitense.
Lei come valuta i servizi resi dalla Svizzera?
La svizzera è un collegamento molto utile e talvolta persino indispensabile nelle relazioni. Assicura un canale ineccepibile, riservato, interamente protetto, rapido e trasparente tra i governi di Teheran e Washington. Lavorare in modo discreto e professionale sul piano diplomatico, è la nostra specialità.