Intervista Roland Vouilloz: «Non ci sono cliché svizzeri nella serie TV Helvetica»

Aurélia Brégnac / AllTheContent

14.1.2020

Si tratta di una delle serie più attese degli ultimi tempi. Una fiction in sei episodi, diffusa dapprima su RTS nel mese di novembre e poi su RSI La 1 dal 7 gennaio 2020, che propone un’immersione nelle più alte sfere della politica elvetica. Un thriller diretto da Romain Graf, che si inoltra dietro le quinte di Palazzo federale, nel cuore di una storia di spionaggio internazionale.

Roland Vouilloz interpreta nella serie il personaggio di Rainald Mann, un poliziotto atipico che assiste da vicino ad uno scandalo di Stato. L’attore, 55enne, ha spiegato a «Bluewin.ch» , nel corso di un'intervista rilasciata poco prima della diffusione sulla RTS a novembre, per quale ragione questo progetto rappresenta una sfida. Ne ha approfittato inoltre per confidarci i suoi numerosi progetti, tra commedie, teatro, televisione, musica e cinema…

La serie televisiva «Helvetica» è un thriller incentrato sulle alte sfere del potere svizzero. Può dirci di più? Qual è il personaggio che interpreta?

Recito la parte di Rainald Mann, un ispettore della polizia federale, della FedPol, capo della sezione antiterrorismo. È un poliziotto atipico, un franco tiratore, un agente della vecchia guardia, che è estremamente efficiente, molto diretto, e che a volte ignora le gerarchie per raggiungere lo scopo. Ciò gli provoca dei problemi. È ciò che rende ricco il personaggio, del quale si scopre anche il passato nel corso del tempo. Si comprendono così retroattivamente i comportamenti da lui adottati nelle prime fasi della storia.

A livello di sceneggiatura, si tratta di un thriller di spionaggio. Ma ciò che rende particolare questa serie è anche il dramma familiare. La protagonista è una donna addetta alle pulizie di origine albanese, del Kosovo, che lavora a Palazzo federale e che si ritrova immersa in una storia impossibile. È sposata con uno svizzero e ha due figli. Si segue dunque questo personaggio nel thriller, ma anche la sua vita, la sua storia familiare. Si tratta di due storie che proseguono parallele e che si intrecciano: è questa l’originalità della fiction.

«In questo caso si tratta di un thriller di spionaggio.»

La serie viene già paragonata a produzioni statunitensi come «House of Cards» o la serie danese «Borgen». Pensa che si tratti di confronti giustificati?

No, non ha nulla a che vedere. Questo non è un thriller politico come in quelle due serie. In questo caso si tratta di un thriller di spionaggio. È in questo senso che si smarca.

E in cosa è innovativa la serie?

Non ci sono cliché svizzeri in questa serie. Normalmente siamo molto pudichi nel nostro Paese… In questo caso si segue una donna che utilizza mezzi un po’ strani. Si presta ad un gioco pericoloso nella serie. E si mostra anche un potere che è disinibito. Gli sceneggiatori sono stati tuttavia molto attenti alla plausibilità di tutto ciò che si racconta.

«Qui, in Svizzera, non si sa nulla della vita intima delle persone al potere.»

Di quali cliché parla?

Qui, in Svizzera, non si sa nulla della vita intima delle persone al potere. In questo caso le si vede invece in modo anche assai crudo, a volte. Trovo interessante, ad esempio, il modo in cui è recitata la parte della presidente della Confederazione, Kathy Kunz, interpretata da Ursina Lardi.

Come pensa potrebbe essere accolta dai politici svizzeri questa fiction, che porta con sé un’immagine molto pessimista dei retroscena del potere?

Sarà una grande sorpresa! Abbiamo organizzato una proiezione a Berna nel mese di settembre per i parlamentari. Alcuni di loro sono venuti, ma erano tutti molto occupati con le votazioni federali. Erano presenti comunque molte persone, ed era interessante confrontare le loro visioni, benché abbiano potuto vedere soltanto il primo episodio. 

«Si sa che la Svizzera produce molte armi… Ma non voglio spoilerare la serie.»

Secondo lei, simili zone d’ombra al vertice del Paese riguardano anche la Svizzera? Uno scandalo di Stato come quello raccontato nella serie potrebbe davvero verificarsi?

Penso di sì. Romain Graf, che è sceneggiatore e regista, è molto attento alla credibilità. È pignolo su questo punto. Ha incontrato politici al vertice del potere per chiedere loro, come si fa con degli esperti, se eventi come quelli raccontati possano davvero realizzarsi. Il cuore della vicenda in «Helvetica» tocca numerosi aspetti. Si sa che la Svizzera produce molte armi… Ma non voglio spoilerare la serie. Ci sono enormi interessi in gioco. Parliamo di fiction, ma che potrebbe essere possibile nella realtà.

La serie ha ricevuto il Premio per la «Migliore fiction francofona straniera» al Festival di La Rochelle. Come avete accolto questo riconoscimento?

Siamo molto contenti, ovviamente! Ci sono talmente tante persone che hanno lavorato a questo progetto… Ci sono voluti tre anni di lavoro, 100 persone impiegate nella produzione e nella post-produzione, 65 attori e più di 200 figuranti. Si tratta dunque di un grosso, grosso progetto. Anche questa è una cosa particolare: al di là del fatto che si parla dello Stato federale, si tratta anche di una delle prime serie nazionali. La metà del personale è svizzero-tedesco, ci sono attori svizzero-tedeschi, si parlano numerose lingue… Non a caso, esce prima in Svizzera romanda, poi tra gennaio e febbraio nella Svizzera tedesca e a ruota anche in Ticino.

«La forza di «Helvetica» è che tutti i ruoli, anche quelli più piccoli, sono credibili.»

Può raccontarci il suo percorso di attore?

È la mia quinta serie come attore. Trovo che ci sia un progresso qualitativo enorme in questo ambito nella Svizzera francofona. La RTS ha avviato una politica di sviluppo di progetti seriali veramente molto interessante. La forza di «Helvetica» è che tutti i ruoli, anche quelli più piccoli, sono credibili. È anche ciò che fa la forza di una fiction. Ed è grazie alla cura particolare di Romain Graf, il regista, se si è riusciti a mettere assieme una squadra fantastica. Personalmente sono molto, molto contento del risultato, molto curioso ed emozionato nell’attesa di vedere come il pubblico seguirà questa storia!

Quali ruoli la interesserebbero in futuro?

Ho sempre recitato ruoli molto diversi gli uni dagli altri. In questo caso si tratta di un personaggio particolare. Gli sceneggiatori (Romain Graf, Thomas Eggel e Léo Maillard, ndr.) lo hanno scritto pensando a me, poiché mi conoscono molto bene. È un vantaggio. È formidabile avvertire la fiducia che viene riposta in me quando mi si propongono ruoli come questo. E mi sono davvero appassionato al personaggio, attraverso le riprese e l’incontro con attori che non conoscevo, come ad esempio Flonja Kodheli, che interpreta la donna addetta alle pulizie. Abbiamo dato tutto per questo progetto.

«Mi è piaciuto moltissimo Leonardo DiCaprio. È un attore che dovrebbe essere mostrato in ogni scuola di recitazione.»

Quali sono gli attori che la ispirano?

Ce ne sono molti… è difficile dirlo. Sono 30 anni che faccio questo mestiere. E sono sempre affascinato da coloro che scelgono di lanciarsi in questo settore, accettare di dare loro stessi, di perdere un po’ di controllo. Perché al cinema e in tv è un po’ così. Si accetta di «darsi». Dunque se dovessi fare dei nomi… ce ne sono talmente tanti! La lista sarebbe lunga. Mi affascinano le persone che recitano, che interpretano altre persone rimanendo loro stesse. Sono un grande appassionato di attori.

Quale film recente le è particolarmente piaciuto?

L’ultimo di Tarantino («Once Upon a Time in Hollywood», ndr.). Mi è piaciuto moltissimo Leonardo DiCaprio. È un attore che dovrebbe essere mostrato in ogni scuola di recitazione. Ha una tale intelligenza…

Ha già altri progetti in corso?

C’è la seconda stagione di «Helvetica», e poi numerosi altri spettacoli. Faccio anche della musica, che è molto importante nella mia vita. Canto, suono il violino, il pianoforte, il violoncello e le percussioni. Mi piace l’arte vivente in generale. Per me è un tutt’uno. Ma ho anche altri desideri… mi piacerebbe che mi fosse proposto un ruolo al cinema.

Che tipo di film la interesserebbe?

Non ho un genere in particolare. Cabaret, stand-up, ruoli drammatici o in commedie… mi interessano tutti i generi. Ho appena recitato in una commedia al cinema, «Tambour battant». Credo di non essere catalogabile. Ci sono ancora molte cose che ho voglia di scoprire… Non ho ancora esaurito la mia curiosità. Ho un sacco di progetti: un monologo a teatro, il quarto… Ho voglia di esplorare le mie sfaccettature. Spero che mi verrà data ancora l’occasione di scoprirne e mostrarne molte.

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