Lanciare una campagna a favore dell'acquisto di nuovi aerei da combattimento usando soldi messi a disposizione dagli stessi produttori dei velivoli. È quanto si propone di fare – secondo la SonntagsZeitung – la Società svizzera degli ufficiali (SSU).
In un articolo pubblicato oggi, il domenicale fa riferimento a una lettera inviata lo scorso luglio a Airbus, Boeing, Dassault e Lockheeddel, e firmata dal presidente, dal capo della politica di sicurezza e dal segretario generale della SSU, nella quale viene proposto di discutere un progetto in tal senso in vista del referendum sul tema.
Interpellata dallo stesso giornale, la SSU, per bocca del suo presidente, Stefan Holenstein, ha reso noto che i «tutti e quattro i produttori hanno mostrato interesse e hanno accettato di parlare con noi». Finora però – ha aggiunto – non è arrivato un solo franco per la campagna elettorale in vista di una votazione.
Massimo riserbo sull'ammontare dei finanziamenti. Il giornale ha ottenuto una conferma da parte della portavoce di Lockheed Martin, Laurie Tortorello, in merito alla volontà dell'azienda di «sostenere una campagna pubblica». Non è però emerso nessun altro dettaglio, anche per non favorire la concorrenza.
Concorrenza che è molto prudente sul tema. Dassault non ha commentato, mentre Boeing ha solo precisato alla SonntagsZeitung che controlla ogni richiesta di sponsorizzazione, mentre Airbus, per bocca del suo portavoce, David Flötner, ha rilevato come la richiesta della SSU debba essere approvata dal governo svizzero.
Auspicio che è anche della SSU, la quale sostiene di aver sempre comunicato in modo trasparente e di trattare le quattro aziende in lizza allo stesso modo. Entro fine settembre la società intende contattare il Dipartimento federale della difesa (DDPS).
Intanto, sempre secondo il domenicale, non tardano a farsi sentire le prime critiche. Per il consigliere nazionale Balthasar Glättli (Verdi/ZH), membro della commissione della politica di sicurezza, l'operazione della SSU rappresenta una svendita della democrazia svizzera. I costruttori stranieri -afferma – non devono interferire con un referendum svizzero. Sulle colonne del giornale, la consigliera agli Stati Géraldine Savary (PS/VD) si dice «scioccata» dal progetto, che vedrebbe imprese straniere «interferire in un referendum in Svizzera».
Il consigliere agli Stati Hans Wicki (PLR/NW), considera invece la richiesta della SSU «legittima», riporta la SonntagsZeitung, anche se personalmente, se fosse responsabile della campagna dei favorevoli all'acquisto, egli si asterrebbe dal rivolgersi ai produttori, concludendo che in Svizzera ci sono abbastanza organizzazioni pronte a finanziare un progetto come questo.
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