I lati oscuri dell'IA Boom di «Starter pack» sui social, ma attenti: «Solleticare il proprio ego non è senza rischi»

Clara Francey

27.4.2025

È impossibile sfuggire alle immagini sui social network di figurine di plastica con accessori, note come «starter pack». Questa tendenza ludica solleva questioni relative al copyright, all'ambiente e alla raccolta dei dati degli utenti.

Una bambola dai capelli lunghi accompagnata da un cane in miniatura e da un kit da ricamo: questa è l'immagine postata su Instagram dall'attrice Brooke Shields, che conta 2,5 milioni di follower.

Grazie al nuovo generatore di immagini ChatGPT di OpenAI, disponibile gratuitamente dall'inizio di aprile, star, politici e utenti anonimi hanno ceduto al canto delle sirene dello «starter pack».

Era già possibile generare immagini sulla piattaforma, ma aggiornando il modello, o programma (GPT-4o), su cui si basa ChatGPT, è ora possibile ottenere risultati sofisticati a partire da richieste molto brevi.

Per Anaïs Loubère, esperta di social network e fondatrice dell'agenzia Digital Pipelettes, questa svolta tecnologica spiega il boom attuale.

Ego e nostalgia

Prima delle figurine in stile Barbie, una marea di autoritratti ispirati allo Studio Ghibli, i creatori di film d'animazione di successo come «Il mio vicino Totoro» e «La principessa Mononoke», ha invaso Internet non appena il servizio è stato messo online per gli abbonati OpenAI paganti alla fine di marzo.

«Funziona bene perché si tratta di formati personalizzabili», ha dichiarato all'AFP Ahlem Abidi-Barthe, professore di marketing digitale. «Solleticano l'ego del consumatore».

I cartoni animati e le figurine giocano anche sul «lato infantile, e quindi necessariamente emotivo, legato alla nostalgia, che contribuisce a questa estrema viralità», continua.

Ma, soprattutto, si tratta di un'incredibile vetrina per la start-up americana in un momento in cui le aziende di IA generativa si fanno una guerra spietata: «Non c'è modo migliore per pubblicizzare OpenAI e il suo generatore di immagini che aprire i social network e non vedere altro», riassume Anaïs Loubère.

«Abbiamo guadagnato un milione di nuovi utenti in un'ora», si è vantato Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI, il giorno in cui questa funzione è diventata disponibile per tutti.

ChatGPT è diventata l'applicazione più scaricata al mondo a marzo, superando TikTok e Instagram, secondo i dati della società di analisi dei dati Appfigures. Ma questo clamore sta attirando anche una buona dose di critiche.

Costi nascosti

Fumettisti e illustratori, tra cui la francese Pénélope Bagieu, vincitrice del Premio Eisner 2019 per il fumetto, hanno protestato pubblicando online «starter pack» privi di AI con la parola chiave #StarterpacknoAI.

La tendenza a creare immagini generate dall'IA ha riacceso il dibattito sull'uso da parte dei giganti tecnologici di immagini, disegni, suoni o video senza un'esplicita autorizzazione per sviluppare le loro interfacce.

OpenAI, ad esempio, non ha firmato un contratto di licenza con lo Studio Ghibli.

Diverse aziende di IA sono state portate in tribunale negli Stati Uniti per violazione dei diritti di proprietà intellettuale, ma nessuno di questi casi è stato ancora deciso nel merito. L'Unione Europea sta lavorando a un testo per regolamentare l'uso di contenuti protetti da copyright da parte delle IA.

«Dietro la magia», il «costo ambientale» dell'IA generativa è stato evidenziato anche dall'astronauta francese Thomas Pesquet.

Secondo l'Agenzia Internazionale dell'Energia (AIE), ogni interrogazione testuale su ChatGPT consuma 2,9 Wh di elettricità, dieci volte di più di una ricerca su Google. Inoltre, la generazione di immagini richiede più potenza di calcolo rispetto alla generazione di testo, e quindi più energia.

Inoltre, richiede agli utenti di condividere una foto del proprio volto e informazioni personali.

«Gli utenti di Internet stanno consegnando i loro dati personali a società le cui intenzioni non sono chiare. La vostra immagine è un dato e quel dato ha un valore», sottolinea Joe Davies della società di consulenza digitale britannica Fatjoe.

«È come se fossimo tutti beta tester di OpenAI. Ogni volta che facciamo una ricerca, rendiamo la macchina più efficiente, ma gratuitamente», aggiunge Anaïs Loubère.

Secondo l'esperta, però, questo successo potrebbe stancare. «Queste tendenze non sono destinate a durare», assicura. «Dopo il cinquantesimo «starter pack» che si incontra su LinkedIn o Insta, c'è la saturazione».