Mangiare sano In cucina: perché l’olio d’oliva dev’essere extravergine?

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21.6.2019 - 16:08

Pan of olive oil, garlic, chili pods and herbs

When: 20 Feb 2017
Credit: Dieter Heinemann/Westend61/Cover Images
Pan of olive oil, garlic, chili pods and herbs When: 20 Feb 2017 Credit: Dieter Heinemann/Westend61/Cover Images
Source: Dieter Heinemann/Westend61/Cover

Gli scienziati hanno scoperto che questo pilastro della dieta mediterranea offre benefici al cuore e al cervello.

L’alimentazione tipica delle nostre case, la dieta mediterranea, è costituita perlopiù da frutta, verdura, legumi, noci, cereali e grassi insaturi come l’olio d’oliva. Ma anche il modo di cucinare è importante. Gli esperti di nutrizione incoraggiano infatti a condire e/o saltare le verdure impiegando solo ed esclusivamente l’olio di oliva della qualità extravergine. I benefici, secondo un team di ricerca presso l’Università di Barcellona, non riguardano solo la linea, ma anche la salute del cuore e del cervello.

«Il risultato più importante del nostro studio indica che cucinare le verdure con olio extravergine d’oliva favorisce l’azione di sostanze bioattive come i carotenoidi e i polifenoli, che sono presenti nelle verdure e che troviamo nel soffritto con il pomodoro», ha spiegato la dottoressa Rosa Lamuela, dell’università catalana. «Qui, l’olio d’oliva incoraggia l’assorbimento e la bioattività di questi composti».

Un soffritto leggero benefico per l'organismo

Secondo i ricercatori, in un soffritto leggero, elemento chiave della dieta mediterranea, vi sono ben 40 polifenoli e carotenoidi che, oltre ad essere benefici per il nostro organismo, possono essere deliziosi sul palato. Il suo consumo è associato anche ad un miglioramento dell’attività cardiovascolare e della sensibilità all’insulina.

«Abbiamo visto un incremento di bioattività che può accadere a causa della migrazione dei composti bioattivi – carotenoidi e polifenoli – dal pomodoro all’olio d’oliva, durante il processo di cottura, che favorisce l’assorbimento di queste sostanze benefiche», conferma il leader dello studio Jose Fernando Rinaldi de Alvarenga.

La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica Molecule.

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