Digitale & Lifestyle La carne fa invecchiare: lo dice la scienza

CoverMedia

13.8.2020 - 16:08

high quality steak , Freiburg, Dec. 29,  2019

Where: Freiburg, Baden-Württemberg, Germany
When: 29 Dec 2019
Credit: Winfried Rothermel/DPA/Cover Images

**ONLY AVAILABLE FOR PUBLICATION IN THE UK AND USA**
high quality steak , Freiburg, Dec. 29, 2019 Where: Freiburg, Baden-Württemberg, Germany When: 29 Dec 2019 Credit: Winfried Rothermel/DPA/Cover Images **ONLY AVAILABLE FOR PUBLICATION IN THE UK AND USA**
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Una nuova ricerca rileva un legame tra un eccessivo livello di ferro e diverse condizioni legate all’invecchiamento.

Quello presente è il momento perfetto per eliminare la carne dalla nostra tavola.

Un team di ricercatori scozzesi e tedeschi ha analizzato l’impatto del ferro proveniente dalle carni rosse in relazione al processo di invecchiamento, scoprendo che elevati livelli di ferro accorciano i tempi in cui gli esseri umani possono godere di buona salute.

«Siamo davvero entusiasti di questi risultati, secondo cui un alto livello di ferro nel sangue riduce gli anni di vita che viviamo in salute», dice Paul Timmers dell’Università di Edimburgo. «Mantenere questi livelli sotto controllo può prevenire i danni legati all’invecchiamento. Siamo convinti che i nostri risultati sul metabolismo del ferro possano anche iniziare a spiegare come mai il consumo della carne rossa è stato associato ad un maggiore rischio di sviluppare malattie cardiovascolari».

Gli scienziati hanno elaborato i dati relativi ad oltre un milione di individui, con un focus sul legame tra il livello di ferro e condizioni come il cancro, le malattie del cuore e la demenza.

Alla base dello studio tre fattori cruciali per «misurare» l’invecchiamento: l’aspettativa di vita, gli anni vissuti senza malattie, e la longevità.

«Il nostro obiettivo principale è quello di scoprire il modo in cui l’invecchiamento viene regolato e trovare una strategia per migliorare la salute durante questo processo», ha aggiunto Joris Deelen del Max Planck Institute, in Germania.

La ricerca è stata pubblicata per intero nella rivista scientifica Nature Communications.

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