Conflitti17 anni di una guerra senza fine: alcuni afgani accusano gli Stati Uniti
AP/jfk
22.11.2018
Assieme all'esercito afgano, anche 15.000 soldati stranieri assicurano il mantenimento della pace sull'Hindu Kush. Ciò nonostante, l'Afghanistan è scosso quasi ogni giorno da attacchi terroristici.
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Dei soldati afgani simulano una cattura. Dopo 17 anni di guerra, i talebani controllano di nuovo la metà del Paese e la situazione in termini di sicurezza non è mai stata così negativa.
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«Speravamo in giorni migliori dopo la partenza dei talebani, ma la situazione peggiora quotidianamente», ha dichiarato Hamidullah Nasrat (a sinistra), che vende tessuti nella strada principale del bazar di Kabul.
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Nel 2015, Jawad Mohammadi, veterano delle forze di sicurezza afgane, ha perso entrambe le gambe camminando su una mina. Con 2.400 soldati morti in combattimento, gli americani hanno allo stesso modo visto molto sangue versato nel corso di questa guerra, la più lunga che abbiano mai combattuto finora.
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Per Hamid Karzai, che ha governato il Paese dal 2001 al 2014, se questa guerra dovesse continuare, sarà a causa degli Stati Uniti, che non sono stati in grado di distruggere i luoghi in cui si sono rifugiati i talebani in Pakistan, hanno bombardato villaggi e imprigionato dei cittadini.
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Mohammed Ismail Kassimjar, che fa parte dell'Alto consiglio afgano per la pace, si chiede perché i 150.000 membri delle forze americane e della Nato presenti sul posto, spalleggiati da alcune centinaia di migliaia di soldati afgani, non siano risciuti a sconfiggere qualche decina di migliaia di talebani: «O non volevano farlo o non ne erano capaci».
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Gli afgani che sono stati di recente in prima linea nella lotta contro i talebani si lamentano per le dotazioni difettose e la mancanza di rifornimenti.
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Il morale delle truppe è ai minimi storici e numerosi soldati cominciano ormai ad esprimere simpatia per i talebani, spiega Tamim Darwesch, che per quasi cinque anni è stato inviato nella provincia di Helmand. Particolarmente frustrato, quest'anno ha deciso di abbandonare l'esercito. Oggi guadagna di che vivere con dei lavori giornalieri.