Filippine A Manila migliaia di persone vivono in un cimitero

Christoph Sator, dpa

18.5.2018

Il più grande cimitero di Manila non ospita solo defunti, ma numerose migliaia di famiglia povere, costrette a vivere sul posto. Molti si sono installati a fianco delle tombe dei loro genitori.

Mercy Silva vive ancora sotto lo stesso tetto della madre. Nelle Filippine, non si tratta di qualcosa di eccezionale per una donna di 43 anni. In questo Stato insulare estremamente cattolico, la famiglia è importante come non accade in alcuna altra nazione. Fin qui, dunque, nulla di strano: il problema è che Mercy vive ancora con sua madre benché quest’ultima, Mercedes Z. Carreon (1953-2010), sia morta da più di otto anni.

La donna divide infatti con la mamma la tomba di famiglia, situata nel cimitero Nord di Manila, il più grande della capitale. Il materasso sul quale dorme di notte è separato dal feretro solo da una sottile placca di marmo. «Ci si abitua», assicura. Assieme a lei, in effetti, una ventina di persone abitano nella tomba che appartiene da decenni alla famiglia. Uomini, donne, giovani e vecchi. Vivi e morti.

Al Cementerio del Norte, il loro caso non è affatto isolato. Assieme al milione di defunti, tra i quali figurano anche alcuni presidenti, sono più di cinquemila le persone che hanno deciso di accamparsi. A Manila, infatti, la mancanza di abitazioni rappresenta un problema cronico. Sui 13 milioni di abitanti della metropoli, molti sono costretti a dormire in baracche di tela, sotto i ponti o ancora lungo le grandi arterie stradali. Quelli che vivono nei cimiteri sono considerati in assoluto i più poveri.

Un «cybercaffè» creato all’interno di una tomba

Tuttavia, non è impossibile tentare di condurre una vita «normale»: mentre una donna cuoce dei polli su una bara, un’altra stende i panni al suo fianco. All’interno di una tomba del cimitero, un uomo anziano vende shampoo secco e cibo. Poco più in là, un ragazzo dorme su una lapide in pietra: sopra di lui, un crocefisso. Ovunque risuona il rumore di televisori accesi. La corrente è fornita da un generatore. Al contrario, però, non c’è acqua corrente.

Nel buio di un’altra tomba, c’è il «cybercaffè» del cimitero. È qui che Baldo Aguinaldo si cimenta in «League of Legends», popolare videogioco di guerra, su un vecchio computer. L’obiettivo è uccidere il maggior numero di nemici possibile. Una mezz’ora costa cinque pesos: meno di dieci centesimi. L’adolescente, che ha 18 anni, ha sempre vissuto qui. Con suo padre, guadagna di che vivere come becchino: «Sto bene in questo posto – dichiara -, siamo una bella comunità».

E non è il solo a pensarla così. «Stiamo meglio qui al cimitero che nelle bidonville. Ci sentiamo inoltre perfettamente al sicuro», afferma Rachel Hilario, simpatica trentenne che porta delle mèche bionde sui capelli e un grosso orologio di plastica al polso. La donna vive qui con il suo compagno da due anni: «All’inizio avevo paura, mi svegliavo di continuo nella notte, ma dopo qualche tempo si finisce per farci l’abitudine».

Dei ricchi filippini hanno autorizzato i due ragazzi a stabilirsi nella loro tomba di famiglia. In cambio, loro se ne prendono cura. Sulla lapide di marmo che chiude due bare, sotto al nome dei defunti e alla sigla «R.I.P.» («Riposa in pace»), c’è oggi un materasso coperto da un lenzuolo di Hello Kitty. Anche i cuscini, come l’orologio e il ventilatore portano il marchio del gatto bianco. I due «squatter» hanno ridipinto i muri di rosa, ma quando i proprietari vengono a visitare i cari scomparsi, fanno attenzione a togliere il materasso.

Rachel e il suo compagno sopravvivono fabbricando lapidi colorate, che vendono a 25 euro al pezzo. Nelle giornate più produttive, riescono a realizzarne una mezza dozzina. Dopotutto, questo cimitero aperto nel 1904 è ancora attivo. Ogni settimana, in media, vi vengono seppellite 20 persone. Il numero sale a 60 il sabato e a 100 la domenica. All’arrivo dei cortei funebri, gli occupanti del cimitero si ritirano, in segno di rispetto nei confronti dei defunti e delle loro famiglie.

«Questa è casa mia»

Tuttavia, il Cementerio del Norte è tutto tranne che un bel posto. Anche qui si registrano crimini. E alcune persone sono state uccise: nell’ultimo mese 10 trafficanti di droga, reali o presunti, sono stati freddati nel corso di retate della polizia, effettuate nel quadro della spietata guerra antidroga avviata dal présidente Rodrigo Duterte. Secondo alcune fonti, venderebbero dello shabu, come è chiamata la metamfetamina, la droga dei poveri, nelle Filippine.

Le autorità hanno già tentato a più riprese di espellere gli occupanti del cimitero. Senza riuscirci, almeno per ora. Numerose famiglie sono infatti tornate dopo aver trascorso del tempo in altre abitazioni. Rachel racconta: «A volte, quando racconto che vivo in un cimitero, le persone hanno una reazione che mi fa sentire umiliata. Ma almeno qui non devo pagare l’affitto».

Mercy Silva, che dorme ogni notte accanto alla madre defunta, non vorrebbe vivere altrove. «Qui è casa mia. Conosco tutti. Mia nonna e mia madre sono nate qui, e io pure». Mercy si interrompe per un istante. Sua madre la guarda dalla foto che orna la lapide: «E quando sarà il mio turno, sarò seppellita qui. E va benissimo così».

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