Storia navale Brest: alla ricerca de La Cordelière, la nave che colò a picco nel 1512

AFP

4.7.2018

«Abbiamo registrato un'eco interessante». Davanti agli schermi, al largo di Brest, Joshua Bac scruta i fondali marini alla ricerca di qualsiasi segnale che possa indicare la presenza de La Cordelière, mitica nave affondata nel 1512 nel corso di una feroce battaglia contro gli inglesi.

Una nuova campagna di ricerca, dopo quelle effettuate negli anni Novanta e Duemila, è cominciata questa settimana, in perfette condizioni meteorologiche, tra la città di Brest e la punta Saint-Mathieu. Obiettivo: ritrovare un imponente veliero lungo 40 metri, armato con 200 cannoni e dotato di un equipaggio di mille uomini.

Comandata dal famoso capitano Hervé de Portzmoguer, fedele servitore della duchessa Anna di Bretagna, la nave fronteggiò il 10 agosto 1512 un'armata inglese inviata nella sopresa generale da Enrico VIII. La Cordelière si impegnò in un combattimento navale con il Regent, fiore all'occhiello della flotta britannica.

Avvicinamenti, spari, esplosioni e vele in fiamme: le due imbarcazioni finirono per affondare, assieme ad oltre 1.500 uomini e ad un pezzo di storia marittima a cavallo tra il quindicesimo e il sedicesimo secolo.

«Se avremo la possibilità di perlustrare il relitto, sarà come trovare uno di quei libri magici che una volta popolavano le grandi biblioteche e dei quali oggi si è persa traccia», ha assicurato all'AFP Michel L'Hour, direttore del dipartimento di Ricerche archeologiche subacquee e sottomarine del ministero della Cultura francese (DRASSM), che guida assieme alla regione Bretagna la nuova campagna. 

«È come un manoscritto dell'epoca, che sarà senza dubbio danneggiato ma resta un'opera assolutamente insostituibile», spiega l'esperto, sottolineando il fatto che nel mondo non esistono relitti del periodo che siano stati rintracciati e perlustrati.

«Estremamente pazienti»

Lo studio delle due navi, infatti, potrebbe portare ad ottenere informazioni totalmente inedite sui metodi di costruzione dell'epoca, sull'artiglieria imbarcata, sul mobilio a bordo o ancora sull'architettura utilizzata nelle navi armate sotto il regno della duchessa Anna e quello di Enrico VIII.

«A che punto siamo, Joshua?», chiede Marine Sadania, uno dei quattro archeologi del DRASSM presenti a bordo della nave scientifica André Malraux, rivolgendosi al giovane idrografo. Quest'ultimo le risponde: «Qui il fondale è piuttosto piatto, ma abbiamo incontrato delle dune poco fa e abbiamo registrato un'eco interessante».

Ogni segnale utile è registrato al fine di analizzarlo successivamete in modo più approfondito, e decidere se eventualmente inviare dei sommozzatori o un robot sottomarino (qualora il fondale sia più profondo di 50 metri). 

Dall'inizio della nuova campagna, avviata martedì, il giovane idrografo che porta un codino ai capelli ha già segnalato la presenza di due ancore che affioravano dai sedimenti sottomarini, a distanza di soli 15 metri l'una dall'altra. «È certamente molto presto per poter dire che appartengono a La Cordelière o al Regent», ha sottolineato Marine Sadania. 

La ricerca, realizzata su un'area di 25 chilometri quadrati con l'aiuto di strumenti acustici - tra i quali un sonar a scansione laterale, una sonda multifascio e un analizzatore di sedimenti -, nonché di un magnetometro, proseguirà fino al 13 luglio. Prima dell'avvio di nuove ricerche che saranno effettuate nei prossimi tre anni.

Altri tentativi erano stati effettuati tra il 1996 e il 2001 dalla squadra di Max Guérout, ex ufficiale della marina. Benché non abbiano portato alla scoperta dei relitti, hanno permesso di ottenere una prima cartografia sottomarina della zona, assieme ad un inventario della documentazione storica disponibile.

«Grazie all'analisi degli archivi, allo studio delle correnti, alle nuove tecnologie e ai nostri partner (Ifremer, ENSTA Bretagne, Shom, iXblue...), oggi abbiamo buone possibilità di ritrovere le navi, ha spiegato Michel L'Hour. Sottolineando tuttavia che «la migliore garanzia di successo, è di rimanere estremamente pazienti».

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