Il 1° febbraio 2003 accadde l'impensabile: la navicella spaziale «Columbia» si disintegrò al momento del suo ingresso nell'atmosfera terrestre, solamente 16 minuti prima dell'ora prevista per l'atterraggio . (Foto d'archivio del 1° febbraio 2003)
I sette astronauti a bordo morirono nell'incidente.
Al centro di comando della Florida il terrore si rifletteva sui volti degli ingegneri e delle famiglie degli astronauti, dopo aver ascoltato le ultime parole inviate dalla navicella «Columbia», parole incomprensibili, ricevute alle 8h59, ora locale. (Foto d'archivio del 1° febbraio 2003)
«È un giorno terribile per il nostro paese. La nostra tristezza è immensa», dichiarò il presidente George W. Bush, rivolgendosi alla popolazione. «La navicella “Columbia” è andata perduta, non c'è alcun sopravvissuto.» (Foto d'archivio del 1° febbraio 2003)
«Columbia» non era una navicella spaziale qualunque — era la prima, la pietra miliare di una flotta di icone nazionali. (Foto d'archivio del 12 aprile 1981)
La navicella spaziale Clumbia decollò dalla base di lancio 39A del Kennedy Space Center, nello Stato americano della Florida, il 12 aprile 1981. (Foto d'archivio del 12 aprile 1981)
Durante i trent'anni di durata del programma della navicella spaziale, alla prima missione «STS-1» si sono succedute quattro altre navicelle e 134 voli, per un totale di più di 1300 giorni passati nello spazio,— fino al momento in cui l’«Atlantis» è atterrato per l'ultima volta sulla Terra nel luglio 2011, alla fine della missione «STS-135».
A terra: l’«Atlantis» a Cape Canaveral, Florida. (Foto d'archivio del 21 luglio 2011)
La causa dell'incidente della navicella spaziale «Columbia»: un pezzo della schiuma isolante che tappezzava uno dei serbatoi della navicella si era staccato, creando un buco sul bordo anteriore dell'ala sinistra. (Foto d'archivio del 28 febbraio 2003: i detriti della navicella «Columbia» ammassati in un hangar del Kennedy Space Center)
Da un'indagini è emerso che i sette astronauti — cinque di nazionalità americana, fra cui una donna, una di nazionalità indiana, nonché il primo israeliano nello spazio — non ebbero neppure il tempo di mettersi a riparo. Morirono nel giro di pochi secondi. L’equipaggio della missione STS-107 della navicella «Columbia» nello spazio: (in seconda fila, da sinistra a destra) David M. Brown, William C. McCool, Michael P. Anderson (in primo piano, da sinistra a destra) Kalpana Chawla, Rick D. Husband, Laurel B. Clark, Ilan Ramon.
Le navicelle spaziali furono inizialmente relegate in un hangar per circa due anni, per essere sottoposte a test, esami e migliorie. Il risultato fu lo sviluppo di postazioni e cinture di sicurezza migliori. (Foto d'archivio)
Oggi gli ingegneri della Nasa hanno abbandonato l'idea della navicella spaziale. Attualmente stanno lavorando allo sviluppo della capsula «Orion», che dovrebbe effettuare il suo primo volo di collaudo nel 2019 e il suo primo volo di collaudo con equipaggio nel 2021.
Il disastro della Columbia
Il 1° febbraio 2003 accadde l'impensabile: la navicella spaziale «Columbia» si disintegrò al momento del suo ingresso nell'atmosfera terrestre, solamente 16 minuti prima dell'ora prevista per l'atterraggio . (Foto d'archivio del 1° febbraio 2003)
I sette astronauti a bordo morirono nell'incidente.
Al centro di comando della Florida il terrore si rifletteva sui volti degli ingegneri e delle famiglie degli astronauti, dopo aver ascoltato le ultime parole inviate dalla navicella «Columbia», parole incomprensibili, ricevute alle 8h59, ora locale. (Foto d'archivio del 1° febbraio 2003)
«È un giorno terribile per il nostro paese. La nostra tristezza è immensa», dichiarò il presidente George W. Bush, rivolgendosi alla popolazione. «La navicella “Columbia” è andata perduta, non c'è alcun sopravvissuto.» (Foto d'archivio del 1° febbraio 2003)
«Columbia» non era una navicella spaziale qualunque — era la prima, la pietra miliare di una flotta di icone nazionali. (Foto d'archivio del 12 aprile 1981)
La navicella spaziale Clumbia decollò dalla base di lancio 39A del Kennedy Space Center, nello Stato americano della Florida, il 12 aprile 1981. (Foto d'archivio del 12 aprile 1981)
Durante i trent'anni di durata del programma della navicella spaziale, alla prima missione «STS-1» si sono succedute quattro altre navicelle e 134 voli, per un totale di più di 1300 giorni passati nello spazio,— fino al momento in cui l’«Atlantis» è atterrato per l'ultima volta sulla Terra nel luglio 2011, alla fine della missione «STS-135».
A terra: l’«Atlantis» a Cape Canaveral, Florida. (Foto d'archivio del 21 luglio 2011)
La causa dell'incidente della navicella spaziale «Columbia»: un pezzo della schiuma isolante che tappezzava uno dei serbatoi della navicella si era staccato, creando un buco sul bordo anteriore dell'ala sinistra. (Foto d'archivio del 28 febbraio 2003: i detriti della navicella «Columbia» ammassati in un hangar del Kennedy Space Center)
Da un'indagini è emerso che i sette astronauti — cinque di nazionalità americana, fra cui una donna, una di nazionalità indiana, nonché il primo israeliano nello spazio — non ebbero neppure il tempo di mettersi a riparo. Morirono nel giro di pochi secondi. L’equipaggio della missione STS-107 della navicella «Columbia» nello spazio: (in seconda fila, da sinistra a destra) David M. Brown, William C. McCool, Michael P. Anderson (in primo piano, da sinistra a destra) Kalpana Chawla, Rick D. Husband, Laurel B. Clark, Ilan Ramon.
Le navicelle spaziali furono inizialmente relegate in un hangar per circa due anni, per essere sottoposte a test, esami e migliorie. Il risultato fu lo sviluppo di postazioni e cinture di sicurezza migliori. (Foto d'archivio)
Oggi gli ingegneri della Nasa hanno abbandonato l'idea della navicella spaziale. Attualmente stanno lavorando allo sviluppo della capsula «Orion», che dovrebbe effettuare il suo primo volo di collaudo nel 2019 e il suo primo volo di collaudo con equipaggio nel 2021.
La giornata doveva essere trionfale, ma si concluse in tragedia: 15 anni fa, poco prima dell'ora prevista per il suo atterraggio, la navicella spaziale americana «Columbia» si disintegrò, causando la morte di sette astronauti presenti a bordo. Le ripercussioni di questo incidente sulla navigazione spaziale sono visibili ancora oggi.
Nel mondo intero, milioni di persone osservavano il cielo blu del Texas attraverso il loro televisore attendendo il ritorno della navicella spaziale «Columbia». Tuttavia, il primo febbraio di 15 anni fa, accadde l'impensabile.
Al momento del suo ingresso nell'atmosfera terrestre, solamente 16 minuti prima dell'ora prevista per l'atterraggio, la navetta spaziale si disintegrò, causando la morte dei sette astronauti a bordo. Al centro di comando della Florida il terrore si rifletteva sui volti degli ingegneri e delle famiglie degli astronauti, dopo aver ascoltato le ultime parole inviate dalla navicella «Columbia», parole incomprensibili, ricevute alle 8h59, ora locale.
Dispersi in un raggio di 200 chilometri, i detriti della navicella «Columbia» verranno ritrovati in diverse contee del Texas e della Louisiana— sparsi sulle autostrade, negli uffici, nelle foreste. La giornata, che doveva essere trionfale per l'agenzia spaziale americana Nasa e la ricerca spaziale abitata, si è conclusa in un vero e proprio disastro. «È un giorno terribile per il nostro paese. La nostra tristezza è immensa», dichiarò il presidente George W. Bush, rivolgendosi alla popolazione. «La navicella “Columbia” è andata perduta, non c'è alcun sopravvissuto.»
Danni al momento del decollo
«Columbia» non era una navicella spaziale qualunque — era la prima, la pietra miliare di una flotta di icone nazionali. Era decollata dalla base di lancio 39A del Kennedy Space Center, nello Stato americano della Florida, il 12 aprile 1981.
Durante i trent'anni di durata del programma della navicella spaziale, alla prima missione «STS-1» si sono succedute quattro altre navicelle e 134 voli, per un totale di più di 1300 giorni passati nello spazio,— fino al momento in cui l’«Atlantis» è atterrato per l'ultima volta sulla Terra nel luglio 2011, alla fine della missione «STS-135».
Secondo le ulteriori indagini condotte, poiché c'era già stato un problema al momento del decollo della missione «STS-107», la catastrofe all'atterraggio era ineluttabile: in effetti, un pezzo della schiuma isolante che tappezzava uno dei serbatoi della navicella si era staccato, creando un buco sul bordo anteriore dell'ala sinistra. Gli scienziati della Nasa che l'avevano notato, avevano sottostimato l'ampiezza dei danni.
Come hanno rivelato le ulteriori analisi, probabilmente sarebbe stato possibile tentare una missione di salvataggio di emergenza. Tuttavia, la Nasa non aveva per nulla provveduto a intervenire. Il pezzo di schiuma isolante aveva danneggiato la protezione termica della navicella. Al momento del ritorno nell'atmosfera terrestre, gli strumenti dell'ala sinistra si erano rotti uno dopo l'altro per via del surriscaldamento e la navicella «Columbia» alla fine si era disintegrata poco prima del suo 28esimo atterraggio.
Dalle indagini è, inoltre, emerso che i sette astronauti — cinque di nazionalità americana, fra cui una donna, una di nazionalità indiana, nonché il primo israeliano nello spazio — non ebbero neppure il tempo di mettersi a riparo. Morirono nel giro di pochi secondi.
L'era delle capsule
Anche se il disastro della «Columbia» non è stato il primo nella storia delle navicelle spaziali — nel 1986 sette astronauti persero la vita nell'incidente del «Challenger», andato distrutto poco dopo il decollo — ha cambiato per sempre la navigazione spaziale. Le navicelle spaziali furono inizialmente relegate in un deposito per circa due anni, per essere sottoposte a test, esami e migliorie. Il risultato fu lo sviluppo di postazioni e cinture di sicurezza migliori.
Oggi, le navicelle spaziali sono storia e gli ingegneri della Nasa ne hanno abbandonato l'idea, anche se questi veicoli sono in grado di trasportare carichi molto pesanti. Siamo ormai nell'era delle capsule, attualmente utilizzate dalla Russia per trasportare gli astronauti, così come dalle aziende private come SpaceX o Orbital Sciences, che se ne servono per trasportare merci e forse, se tutto va come previsto, ben presto anche astronauti.
La capsula che la Nasa sta attualmente sviluppando si chiama «Orion» e dovrebbe effettuare il suo primo volo di collaudo nel 2019 e il suo primo volo di collaudo con equipaggio nel 2021.
Priorità alla sicurezza
In fase di decollo, la capsula è ancorata sotto al razzo, non accanto. «È quindi meno esposta ai detriti, fattore che nel caso della navicella “Columbia” costituì chiaramente un problema», ha confidato alla rivista «Space» Julie Kramer White, capo progettista di «Orion». In caso di emergenza prima o durante il decollo, gli astronauti posso ugualmente essere sganciati dalla capsula dall'alto, cosa che la navicella spaziale non consentiva.
Dal giorno della catastrofe della navicella «Columbia», la Nasa ha fatto della sicurezza la propria priorità, spiega Dustin Gohmert del Johnson Space Center, a Houston. «In passato, era difficile far applicare le necessarie misure di sicurezza. Oggi questa è la nostra prioirtà.»
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