Coronavirus Ecco la nuova variante Covid, ma capisco chi non si vaccina

hm, ats

24.9.2023 - 13:00

Urs Karrer è uno specialista del ramo.
Urs Karrer è uno specialista del ramo.
Keystone

La nuova variante BA.2.86 del coronavirus ha sicuramente il potenziale di scatenare un'ondata di infezioni nei prossimi mesi.

Keystone-SDA, hm, ats

Lo afferma Urs Karrer, primario nel settore delle malattie infettive all'ospedale cantonale di Winterthur (ZH) ed ex vicepresidente della task force nazionale Covid-19, che afferma però di comprendere le ragioni di chi non ha intenzione di vaccinarsi.

«Questa variante è sotto osservazione perché ha fatto un grande salto in termini di cambiamento genetico, simile a quello avvenuto all'epoca da delta a omicron», spiega l'esperto in un'intervista alla NZZ am Sonntag. «La variante è trasmissibile abbastanza bene da affermarsi in una popolazione con immunità ad altre varianti. Tuttavia, non si diffonde con particolare rapidità e i dati finora disponibili non suggeriscono che essa porti a forme più gravi».

Secondo Karrer una nuova vaccinazione può certamente essere utile. «Nella maggior parte delle persone, il sistema immunitario non ha visto la proteina spike per un anno o più. Durante questo periodo, le varianti del virus sono cambiate continuamente. I nuovi vaccini probabilmente proteggono un po' meglio dall'infezione. Ma anche i vecchi vaccini aumentano nuovamente l'immunità di base e possono ridurre le malattie gravi».

I nuovi vaccini – chiedono i giornalisti della testata zurighese – possono proteggere dalle infezioni? «Probabilmente solo in parte – tra il 20 e il 40% – e a breve termine, per due o tre mesi. È una situazione simile a quella del vaccino antinfluenzale».

E le persone a rischio dovrebbero fare un richiamo in autunno nonostante questo moderato effetto protettivo? «Sì, assolutamente, e preferibilmente in concomitanza con la vaccinazione antinfluenzale», risponde lo specialista. «Con queste due vaccinazioni di richiamo poco prima della stagione virale la protezione immunitaria può essere aumentata a sufficienza per alcuni mesi, in modo da ridurre significativamente il rischio di malattie più gravi e di ricoveri ospedalieri nelle persone a rischio. Se riusciamo a raggiungere questo obiettivo nel prossimo inverno non solo aiuteremo i pazienti stessi, ma anche gli ospedali e forse anche i premi delle nostra cassa malati».

«L'equilibrio tra i benefici e i rischi della vaccinazione Covid si è modificato nel corso della pandemia», sostiene Karrer. «Nel frattempo, quasi tutti in Svizzera hanno acquisito una solida immunità di base al Covid grazie alle vaccinazioni efficaci e alle infezioni successive. Tra i giovani senza fattori di rischio, le malattie gravi sono quindi diventate estremamente rare. Il beneficio aggiuntivo di un richiamo sarebbe quindi modesto, ad eccezione di una possibile riduzione del rischio per quanto riguarda il «long Covid». Gli effetti collaterali non pericolosi, come febbre, mal di testa o dolori articolari, che si verificano più frequentemente poco dopo la vaccinazione mRNA rispetto a quella antinfluenzale, hanno quindi un peso maggiore. E poi ci sono stati i rari ma ancora rilevanti casi di infiammazione del muscolo cardiaco nei giovani uomini, soprattutto dopo la seconda dose. Anche questo influisce sulla raccomandazione di vaccinazione».

«Credo sia giusto concentrarsi su coloro che sono particolarmente vulnerabili», prosegue l'intervistato. «Per gli altri, dipende davvero. Io stesso non ho mai avuto problemi dopo una vaccinazione mRNA e mi farò vaccinare, soprattutto perché ho a che fare quotidianamente con persone vulnerabili. Ma capisco le persone che non fanno più la vaccinazione contro il Covid perché sono già state a letto per tre giorni per questo motivo. Tuttavia, mi sarebbe piaciuto che le raccomandazioni per gli operatori sanitari fossero congruenti: ora abbiamo una raccomandazione per l'influenza, ma nessuna raccomandazione ufficiale per il Covid. Questo rende ancora più difficile raggiungere un tasso di vaccinazione adeguato in ospedale».

«Non mi aspetto che più del 75% della popolazione venga infettato in un breve periodo di tempo, come è successo nell'inverno del 2022: ma ritengo che il coronavirus abbia ancora il potenziale per provocare un'ondata grave in cui il 20-30% della popolazione potrebbe essere infettato», argomenta il medico.

«Ciò si manifesterà negli ospedali, nelle case di cura e negli ambulatori dei medici di base. Con il Covid non mi sorprenderebbe se iniziasse già a novembre o dicembre; di solito l'influenza inizia intorno a Capodanno e raggiunge il picco durante le vacanze sciistiche. Spero che quest'anno non ci sia un'ondata simile di virus respiratorio sinciziale (RSV): l'anno scorso ha mandato in tilt gli ospedali pediatrici di tutta la Svizzera».

Bisognerà reintrodurre l'obbligo della mascherine nelle case di cura? «Negli ospedali e nelle case per anziani ci sono molte persone per le quali un'infezione virale può avere conseguenze fatali: abbiamo la responsabilità di proteggerle nel miglior modo possibile», sottolinea Karrer.

«Questi virus si trasmettono attraverso l'aria. Le vaccinazioni non sono in grado di prevenirli a sufficienza, le mascherine e una buona ventilazione sono più efficaci». A suo avviso la mascherina è uno strumento da utilizzare in modo mirato, a seconda della circolazione del virus, delle condizioni locali dell'istituto e della vulnerabilità delle persone assistite. «In oncologia e nell'assistenza a lungo termine, possono avere senso altre misure rispetto alla clinica pediatrica», conclude il medico.