Oggi a Belgrado il primo Europride organizzato in un Paese del sudest Europa ha provocato caos sia nelle strade della capitale della Serbia sia a livello politico con una frattura in seno al governo.
Keystone-SDA
17.09.2022, 21:58
17.09.2022, 22:00
SDA
Mentre infatti il ministro dell'interno, il falco filorusso Aleksandar Vulin, ha vietato ieri il corteo del movimento Lgbtiq, unitamente alla contromanifestazione anti-gay, la premier Ana Brnabic – lesbica dichiarata e sostenitrice del movimento omosessuale – ha dato oggi luce verde alla manifestazione e al corteo, svoltosi peraltro sotto scorta di un ingente dispositivo di poliziotti in assetto antisommossa, e con un percorso deviato e abbreviato che ha portato le migliaia di dimostranti rapidamente e quasi «di nascosto» al parco della capitale per l'annunciato concerto finale.
In serata la premier ha precisato che egli scontri e incidenti registratisi oggi a margine dell'Europride, 64 persone sono state fermate, 10 poliziotti sono rimasti leggermente feriti, cinque veicoli delle forze dell'ordine sono stati danneggiati.
Parlando in una conferenza stampa, la premier ha aggiunto che per l'evento sono stati mobilitati complessivamente 5200 agenti di polizia. Non ci sono stati incidenti di particolari gravità, e gli scontri più rilevanti sono stati due, ha aggiunto Brnabic, che ha ringraziato polizia e forze di sicurezza per aver garantito l'ordine in città evitando che piccole scaramucce degenerassero in incidenti di vasta portata.
La premier dal canto suo non ha preso parte al corteo avendo preferito, come ha detto lei stessa ai giornalisti in serata, stare con le forze di sicurezza, per dare loro sostegno ed essere certa che tutti i manifestanti fossero in sicurezza.
In tutto ciò non è passata inosservata l'assenza dalla scena del presidente Aleksandar Vucic, protagonista indiscusso di ogni evento rilevante nel Paese, ma che sull'Europride ha preferito farsi da parte e delegare ogni decisione e responsabilità al ministero dell'Interno. «Non voglio occuparmi di un tema imposto in modo perverso al popolo serbo, sia dai favorevoli che dai contrari, come se fosse questione di vita o di morte. Tutti partecipano insieme a una guerra ibrida contro il proprio Paese», aveva detto ieri Vucic sottolineando di avere cose più importanti a cui pensare, Kosovo e crisi energetica in primo luogo. Una posizione del resto a conferma della scarsa predilezione del presidente per il movimento dei diritti gay.
La premier Brnabic si è detta soddisfatta e orgogliosa che non ci siano stati incidenti di vasta portata, criticando coloro – giornalisti, analisti e osservatori – che a suo dire hanno voluto dare un'immagine differente della giornata odierna, parlando di un caos provocato dal presidente Vucic e dal resto della dirigenza. «È vero il contrario. È stato Vucic a dire di non fare di ciò (dell'Europride, ndr) un tema cruciale per il Paese, sostenendo che se questo fosse il problema maggiore per la nostra società, allora saremmo un paese felice, senza problemi. Abbiamo tanti problemi più importanti – dall'energia all'arrivo di investimenti, l'inflazione, la questione del Kosovo e le pressioni su di noi», ha detto la premier.
Nonostante la pioggia e il tempo autunnale , alcune migliaia di manifestanti si sono radunati nel pomeriggio simbolicamente davanti alla Corte costituzionale – che in passato a più riprese ha definito illegittimi i divieti dei Gay Pride – muovendosi poi in corteo.
Mentre in vari punti del centro città gruppi di nazionalisti omofobi, appoggiati dalla Chiesa ortodossa e tenuti a bada dalla polizia, inveivano contro gli omosessuali, mostrando croci, icone e drappi religiosi, la marcia arcobaleno è stata subito deviata da massicci cordoni di agenti, che l'hanno indirizzata verso un percorso ridotto per facilitare l'arrivo allo stadio del parco Tasmajdan, dove in serata è previsto il concerto a chiusura dell'Europride.
Alla manifestazione, contrassegnata da incidenti, tafferugli e decine di fermi di contromanifestanti violenti – hanno preso parte, oltre a numerosi dimostranti giunti dall'estero, anche europarlamentari, la commissaria UE per le pari opportunità, ambasciatori di vari Paesi, tutti a sostegno dei diritti e della diversità, per incoraggiare il futuro europeo della Serbia.
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