La Corte Suprema israeliana ha deciso di annullare un elemento chiave della riforma giudiziaria intrapresa dal governo Netanyahu: l'emendamento della cosiddetta «Clausola di ragionevolezza», che il governo aveva qualificato come una legge fondamentale.
Keystone-SDA
01.01.2024, 18:43
01.01.2024, 18:44
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Otto dei 15 giudici che hanno esaminato la questione si sono espressi contro quell'emendamento (che di fatto annullava la «Clausola"). Dodici dei 15 giudici hanno inoltre stabilito che la Corte Suprema ha la prerogativa di annullare una legge fondamentale.
Secondo otto giudici, quell'emendamento deve essere adesso annullato «in quanto esclude in maniera generale ogni critica giudiziaria della ragionevolezza di decisioni del governo, del primo ministro o di ministri. Rappresenta – a loro parere – un colpo duro e senza precedenti inferto alle caratteristiche essenziali dello stato d'Israele quale Stato democratico».
Quanto alla questione se la Corte Suprema possa annullare una legge fondamentale, 12 dei 15 giudici hanno stabilito che è lecito «in casi eccezionali ed estremi nei quali la Knesset abbia varcato i limiti della sua autorità prestabilita».
Dura la prima reazione del ministro della giustizia Yariv Levin (Likud), l'ideologo della riforma giudiziaria del governo Netanyahu: «I giudici – ha affermato – si sono arrogati tutte le prerogative, che in un regime democratico sono spartite in maniera equilibrata fra i tre poteri dello Stato».
«Una situazione in cui non è possibile votare alla Knesset una legge fondamentale se non con il consenso della Corte Suprema – secondo Levin – priva i cittadini di Israele del diritto di partecipare alle decisioni del Paese».
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