Medicina Le terapie geniche: una speranza per i pazienti, ma una sfida finanziaria

AFP

10.7.2018

Le terapie geniche cominciano ad entrare nel mercato. Grazie ad esse, è possibile trattare malattie finora considerate incurabili: si tratta di una speranza enorme per i pazienti, ma anche di un'immensa sfida dal punto di vista finanziario per i sistemi sanitari. I costi sono infatti ancora altissimi, e potrebbero esplodere qualora le terapie fossero generalizzate.

Questo tipo di terapie consiste generalmente nel sostituire direttamente nell'organismo (in vivo) un gene difettoso con uno funzionante, o nel prelevare cellule per modificarle genericamente in laboratorio prima di iniettarle nuovamente nel malato (ex vivo).

Tale branca delle biotecnologie potrebbe generare ricavi per 363 miliardi di dollari a partire dal 2022 a livello mondiale, secondo un recente studio dell'agenzia Research and Markets.

Si tratterebbe, certo, ancora di una quota minoritaria rispetto al colossale mercato farmaceutico mondiale, le cui vendite di medicinali con obbligo di ricetta medica potrebbero superare i mille miliardi di dollari, sempre nel 2022, secondo Evaluate Pharma.

Ma se i primi trattamenti con terapia genica hanno riguardato malattie rare e monogeniche (che coinvolgono cioè un solo gene), la ricerca biofarmaceutica ribolle, con più di 2.200 test clinici in corso nel mondo. Alcuni dei quali riguardano patologie di massa come il cancro, il diabete e le malattie neurodegenerative.

È in particolare nel settore oncologico che una terapia genica «indiretta», basata sulle cellule CAR-T, avanza a grandi passi.

«Come un missile»

Questa strategia consiste nel riprogrammare genericamente una categoria di cellule immunitarie, i linfociti T, per «armarle come un missile» al fine di permettere loro di individuare e uccidere le cellule cancerose, ha spiegato all'AFP Antoine Papiernik, presidente di Sofinnova, società specializzata in scienze della vita.

Il colosso della farmaceutica svizzero Novartis ha aperto la via nell'agosto del 2017, ottenendo negli Stati Uniti l'autorizzazione per un primo prodotto CAR-T, il Kymriah, per la cura di una rara forma di leucemia.

Le grandi manovre del resto dell'industria non si sono fatte attendere: appena dopo l'approvazione del Kymriah, l'americana Gilead ha acquisito per circa 12 miliardi di dollari la società specializzata CAR-T Kite Pharma. Una manovra ripetuta qualche mese più tardi dalla Celgene, che ha rilevato la Juno Therapeutics per 9 miliardi di dollari.

Poiché la complessità attuale della fabbricazione, a partire da cellule autologhe (prelevate dallo stesso paziente), aumenta i costi e pone dei dubbi in riferimento al loro uso su larga scala. 

«Per ora i trattamenti si concentrano sui tumori del sangue, ma stanno dando risultati impressionanti. La prossima tappa dei CAR-T, che punta ai tumori solidi, si annuncia però più complicata», ha aggiunto Papiernik.

Un modello sperimentale

Per industralizzarne l'uso, occorrerebbe anche trovare il modo di utilizzare delle cellule di donatori sani (dette «allogeniche»): un ostacolo sul quale lavora un buon numero di aziede biotech . Tra queste, la francese Cellectis e l'americana Allogene Therapeutics.

La potenza dei CAR-T è d'altra parte a doppio taglio, poiché «l'enorme risposta del sisteme immunitario che essi provocano può uccidere i pazienti», spiega ancora Papiernik.

Utilizzate perciò come ultimo tentativo possibile, le terapie geniche hanno faticato finora a trovare un modello economico abbordabile, in ragione dei prezzi elevati e dei pochi pazienti trattabili.

Così, il pioniere Glybera, lanciato in Europa nel 2012 per il trattamento di una malattia genetica del pancreas al costo di un milione di dollari a paziente, ha rappresentato un flop commerciale enorme. Al punto che il produttore, l'azienda olandese UniQure, lo ha ritirato lo scorso anno.

Quanto alla britannica GSK, ha preferito trasferire nello scorso mese di aprile il proprio portafoglio di terapie geniche (tra cui lo Strimvelis per i bambini sprovvisti di difese immunitarie) alla società specializzata Orchard Therapeutics. 

Per rispondere alla critiche sui prezzi di questi trattamenti, alcuni produttori hanno scelto di adottare pratiche commerciali atipiche per il settore. 

Così, all'inizio del 2018, l'azienda biotech americana Spark Therapeutics si è impegnata a rimborsare le spese per i pazienti che non rispondono al Luxturna, terapia genica contro una degenerazione ereditaria della retina venduta a 850.000 dollari per due occhi negli Stati Uniti. Un metodo analogo a quello utilizzato da Novartis per il Kymriah.

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