Spettacolo Alzheimer: a bada con l’ibuprofene

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5.4.2018 - 16:34

Source: Covermedia

Secondo una nuova ricerca, assumere regolarmente dei comuni antinfiammatori può salvaguardare la nostra salute mentale.

Una al giorno toglie il medico di torno: una mela? No. Un antinfiammatorio. Così riporta un team di ricerca di Vancouver, secondo cui i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), come il comune ibuprofene, sono in grado di prevenire lo sviluppo di malattie neurodegenerative come la demenza senile e l’Alzheimer.

Nel 2016, il team di ricerca capitanato dal dottor Patrick McGeer ha creato un test della saliva al fine di diagnosticare la malattia, e in grado anche di predire il suo sviluppo futuro. Il test si basa sulla misurazione della concentrazione di una proteina peptide chiamata Abeta 42, secreta dalla saliva.

«Nella maggior parte degli individui, il tasso di produzione della proteina Abeta 42 è quasi esattamente lo stesso, a prescindere dal sesso o dall’età», ha dichiarato dottor McGeer in uno statement. «Tuttavia, se il tasso di produzione è di due o tre volte maggiore, gli individui in questione sono destinati a sviluppare la malattia di Alzheimer».

In altre parole, con un piccolissimo campione di saliva, è possibile prevedere se l’individuo svilupperà o no la neuropatologia. Alla luce dei risultati ottenuti, i ricercatori hanno esplorato alcune possibili misure preventive, tra cui l’assunzione regolare di un antinfiammatorio che abbasserebbe drasticamente il rischio.

«Sapere che la prevalenza della condizione clinica dell’Alzheimer comincia all’età di 65 anni, raccomandiamo a tutti di fare il test molto prima, all’età di 55 anni, quando normalmente si sviluppano le basi della malattia», ha continuato l’esperto.

«Se dalle analisi il livello di Abeta 42 risulta elevato, è tempo di cominciare a prendere l’ibuprofene quotidianamente per tenere a bada la malattia. Questa è una scoperta importantissima, che ci indica la strada verso la completa eliminazione del rischio, in futuro».

La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica Journal of Alzheimer's Disease.

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