Cinema italiano in luttoCinema italiano in lutto, è morta Monica Vitti
SDA
2.2.2022 - 12:35
È morta l'attrice italiana Monica Vitti. Lo riportano vari media della vicina Repubblica dopo che Walter Veltroni aveva annunciato la scomparsa su twitter.
Keystone-SDA
02.02.2022, 12:35
02.02.2022, 15:43
SDA / Covermedia
Veltroni ha comunicato la triste notizia oggi, mercoledì 2 febbraio, poco dopo mezzogiorno.
Roberto Russo, il suo compagno di tutti questi anni, mi chiede di comunicare che Monica Vitti non c’è più. Lo faccio con dolore, affetto, rimpianto.
Vitti è morta in seguito alla malattia degenerativa contro la quale combatteva da tempo. L'attrice soffriva di una forma di Alzheimer che l'ha isolata dal mondo e che il marito Roberto Russo ha difeso con grande rigore e rispetto, combattendo contro i «si dice» e le false notizie che a intervalli regolari hanno popolato la rete.
Sappiamo che la morte è avvenuta a Roma, e anche che la sua ultima apparizione pubblica è stata 19 anni fa (alla prima di «Notre Dame de Paris") e che già negli anni precedenti le sue partecipazioni ad eventi ufficiali si erano rarefatte dopo un ritiro dalle scene che data ormai dal 2001, quando fu ricevuta al Quirinale per i David di Donatello.
Un talento precoce
Nata Maria Luisa Ceciarelli a Roma, il 3 novembre del 1931, cresciuta in Sicilia prima della guerra a causa del lavoro del padre (ispettore al commercio), innamorata della recitazione fin dall'adolescenza (quando metteva in scena spettacolini casalinghi per distrarre i fratelli dagli orrori delle bombe negli ultimi anni di guerra), si diploma nel 1953 all'Accademia d'arte drammatica sotto la guida di Silvio d'Amico e con un maestro-sodale d'eccezione come Sergio Tofano.
Ci sono già tutti i segni della sua duttilità d'interprete: d'Amico la spinge in palcoscenico per affrontare grandi ruoli drammatici (Shakespeare, Molière, «La nemica» di Nicodemi con cui conquista il pubblico), Tofano la porta a liberare la sua verve istrionica nella riuscita serie di commedie ispirate al personaggio del Signor Bonaventura, allora popolarissimo eroe dei fumetti.
Intanto si è data un nome d'arte con cui rimpiazzare il nomignolo di «Setti vistini» con cui la chiamavano amici e familiari a causa della sua capacità di cambiarsi in fretta e furia come un personaggio di Fregoli. Sceglie un cognome che le ricorda la madre amatissima (Adele Vittiglia) e un nome che le «suona bene» e non va ancora di moda.
Il debutto al cinema e il successo
Debutta al cinema nel '55 con un piccolo ruolo nell'«Adriana Lecouvreur» di Guido Salvini a fianco di mostri sacri come Valentina Cortese, Gabriele Ferzetti e Memo Benassi.
Ma 5 anni dopo si incarna nella silenziosa musa di Antonioni per il primo dei quattro film che vanno sotto il segno dell'«incomunicabilità»: «L'avventura».
Nei successivi quattro anni diventerà una diva internazionale grazie a titoli indimenticabili come «La notte», «L'eclisse», «Deserto rosso», ma l'incontro con Antonioni data già dal 1957 quando presta la voce a Dorian Gray ne «Il grido».
Tutti i grandi registi internazionali la vogliono, anche perché oltre a un volto bellissimo e misterioso sfoggia una voce roca e pastosa che (proprio come Claudia Cardinale negli stessi anni), affermando una diversità dalla scuola tradizionale di dizione.
Eppure la cappa della donna misteriosa e algida non fa per lei, proprio come l'immagine di star distante e inconoscibile. Negli stessi anni '60 si cimenta più volte con la tv ottiene un riconoscimento speciale con la partecipazione alla tormentata giuria del festival di Cannes del 1968, ruolo da cui si dimette in solidarietà ai contestatori della Nouvelle Vague.
La commedia
Dopo Cannes decide di dare un taglio alla sua immagine più consolidata e abbraccia l'idea della commedia grazie a Mario Monicelli, che la vuole protagonista de «La ragazza con la pistola».
Il successo è popolare, immediato, contagioso. In pieno '68, l'emancipazione della timida siciliana Assunta Patané che insegue fino in Inghilterra l'uomo che l'ha disonorata, Carlo Giuffré, per poi capire che si può essere libere e onorate anche senza passare per il delitto d'onore, fa rumore, e il regista estrae dalla Vitti un talento luminoso e inatteso che presto le permetterà di battersi da pari a pari con i colonnelli della commedia all'italiana.
Unica donna vincente con le proprie armi e inalterata femminilità in un mondo di maschi più o meno misogini, Monica Vitti domina nel cinema italiano degli anni '70.
Si permette stravaganze di qualità (come nei ruoli cuciti sul suo fascino da Miklos Jacsò, Luis Bunuel, André Cayatte), lavora coi grandi italiani (da Dino Risi a Ettore Scola, da Monicelli al Luigi Magni de «La Tosca»), affianca Antonioni nella sperimentazione elettronica de« «Il mistero di Oberwald»), trionfa in coppia con Alberto Sordi (specie grazie a Polvere di stelle diretto da Albertone), spinge al debutto dietro la macchina da presa prima Carlo Di Palma (il grande direttore della fotografia che è diventato il suo compagno) e poi il fotografo Roberto Russo che con lei debutta da regista con «Flirt» che le fa vincere il premio come migliore attrice a Berlino nel 1983.
Molti i riconoscimenti
Il Leone d'oro alla carriera che nel 1995 le viene dato da Gillo Pontecorvo alla Mostra di Venezia è uno dei maggiori riconoscimenti internazionali. Questo affianca i 5 David, 12 Globi d'oro e i 3 Nastri d'argento. Ottiene anche un Ciak d'oro alla carriera, un Orso d'argento alla Berlinale, una Cocha de Plata a San Sebastián, una candidatura al premio BAFTA.
Mai ferma nella sua sete di vita e di sfida conquista anche le platee televisive insieme a Mina («Milleluci» nel '74 e «Domenica in» vent'anni dopo), scrive due libri autobiografici, firma la sua unica regia («Scandalo segreto») nel 1990 e porta in teatro la grande commedia americana da «La strana coppia» a «Prima pagina».
Sanremo le rende omaggio
Alla notizia della morte di Monica Vitti un lungo applauso si è levato in sala stampa a Sanremo.
Il presentatore Amadeus, il direttore di Rai 1 Stefano Coletta e tutti i presenti in sala hanno reso omaggio all'attrice italiana.