Serie TV La sceneggiatrice di «Mare fuori»: «Restituisce speranza»

Covermedia

23.3.2023

I protagonisti di «Mare fuori» ospiti a Sanremo a febbraio.
I protagonisti di «Mare fuori» ospiti a Sanremo a febbraio.
IMAGO/Cover-Images/KIKA Press/Diego Puletto

Parla Cristiana Farina, la donna che ha creato la serie del momento incentrata sulle vicende di un gruppo di ragazzi nel carcere minorile di Napoli.

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23.3.2023

Cristiana Farina è la sceneggiatrice della serie cult «Mare fuori 3», che sta spopolando per la sua trama avvincente. Un’idea nata dopo aver tenuto un laboratorio di educazione all'immagine con i ragazzi detenuti a Nisida, l'istituto penale per i minorenni di Napoli.

«Da allora ho sempre avuto la voglia di aiutare questi ragazzi a non sentirsi soli. Perché quando vai lì e lì conosci ti rendi conto che sono prima di tutto adolescenti, io vedevo le persone, non i criminali. Sono come tutti gli altri della loro età, che si lamentano perché non gli piace il cibo o perché devono alzarsi presto. In quel contesto si mettono a nudo, senza filtri. Volevo restituire loro qualcosa e alla fine, dopo mille ostacoli, ce l'ho fatta».

Così Cristiana Farina, la mente dietro la serie Netflix, si spiega il grande consenso mediatico. «Prima di tutto il successo è legato al cambiamento della fruizione delle serie tv: «Mare fuori» è esplosa quando è arrivata sulle piattaforme, questo ci insegna come sia cambiato il modo in cui i ragazzi concepiscono l'intrattenimento. E poi c'è la speranza», continua la Farina nell’intervista rilasciata a Vanity Fair.

«Sì. Ci si sente accolti, capiti, presi per mano. "Mare fuori” esorcizza il fallimento, o meglio la paura del fallimento: c'è sempre, anche in quell'inferno del carcere minorile, la possibilità di conoscersi e ripartire. Ti dice: tu non sei solo questo, la parte che ha fallito, sei molto di più, hai qualcosa su cui puntare. Restituisce a tutti una speranza».

Personaggi ispirati da persone reali

I personaggi si ispirano liberamente ai ragazzi che la sceneggiatrice ha conosciuto tempo prima a Nisida.

«Dai ragazzi che ho conosciuto a Nisida. Per esempio Pino O' Pazzo ricorda un adolescente che avevo conosciuto a Nisida, che aveva un comportamento schizzoide, passava dal gioco alla rabbia in un istante. E poi, per esempio, ce n'era uno di una intelligenza rara, che lui metteva al servizio non del bene, e che cercava, come tutti gli altri, l'approvazione degli adulti. Era all'Ipm tra l'altro per un omicidio che non aveva commesso ma di cui si era attribuito la responsabilità, come succede spesso ai minorenni nella camorra: si fa così perché i ragazzi non rischiano grandi pene, mentre invece gli adulti si prenderebbero trent'anni. È una specie di passaggio rituale di quel mondo. Questo ragazzo ricorda un po' Ciro».