SpettacoloLuca Tommassini non dimentica: «Mio padre? Mi chiamava frocetto. Si vergognava di me»
CoverMedia
5.11.2020 - 13:11
Il coreografo più famoso d'Italia si racconta in “One More Time”, il podcast di Luca Casadei in cui i personaggi condividono i loro successi, le loro cadute e le loro rinascite.
Per raggiungere la fama mondiale Luca Tommassini ha dovuto ingoiare tanti rospi. Fra i più amari di sempre, ci sono quelli serviti dal padre Mauro, di cui il ballerino ha parlato senza filtri nell'ultimo episodio di “One More Time”: podcast di Luca Casadei in cui i personaggi raccontano i loro successi, le loro cadute e le loro rinascite.
«Non gli stavo simpatico, si vergognava di me, della mia S moscia. Era il primo a chiamarmi “frocetto”. Mi diceva di stare zitto. Spaccava oggetti, e alzava le mani. Su di me e su mia madre», ha dichiarato Luca Tommassini secondo Vanity Fair.
«Mio padre era meccanico vicino a Primavalle, all’epoca zona dove mettevano gli avanzi di galera. Col tempo divenne campione di Formula 3, iniziò a spendere i soldi in auto e donne. E iniziò a non abitare quasi mai in casa».
Ma ogni volta che tornava dalla famiglia, lasciava ricordi soffocanti e dolorosi.
«Usava molto le mani, e mandò diverse volte mia madre in ospedale. Una volta mi tirò in faccia un posacenere di cristallo, di quelli anni 70, quadrati. Non parlai per settimane. Mi portarono da uno psicologo per superare questo mutismo: ovviamente di nascosto da mio padre».
A cambiare completamente la vita di Luca fu l'iscrizione alla scuola di ballo di Enzo Paolo Turchi, dove Tommassini si iscrisse in segreto dal genitore, grazie all'aiuto della madre.
«Il giorno che scoprì che mi ero iscritto alla scuola di ballo, venne a pranzo, per rimproverarci tutti. Mia madre iniziò a difendermi. Lui stava urlando, prese una bottiglia d’acqua di vetro, la spaccò contro un muro e andò contro mamma - ricorda il ballerino -. Io mi misi in mezzo e per la prima volta gli urlai in faccia: “Vattene, vattene!”. Finché non se ne andò. Tirai fuori la forza che in realtà non avevo, mi inventai il coraggio. E a volte inventarsi il coraggio serve».
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