«A mani nude» Alessandro Gassmann tra violenza, memoria, verità e l'abbandono dei social

Covermedia

19.5.2025 - 16:50

Alessandro Gassmann
Alessandro Gassmann

L'attore presenta a «Che tempo che fa» il film di Mauro Mancini, riflette sul cinema, la disumanizzazione della violenza e l'addio ai social: «Questo lavoro ti regala molte vite, ma lascia piccole ferite dentro».

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Alessandro Gassmann vuota il sacco nell'intervista con Fabio Fazio a «Che tempo che fa».

Davanti ad un divertito conduttore, l'attore scherza sulla memoria che vacilla, ma confessa: «Ho sempre avuto problemi con i nomi e sono arrivato alla conclusione che è perché i nomi non hanno una logica. Ricordo numeri di telefono, tutto il resto, ho una memoria molto forte, anche per il mestiere che faccio, ma i nomi no».

È una battuta, ma anche un'ammissione sincera: «Adesso sto ripetendo i nomi che dovrò dire parlando del film, perché se no me li dimentico». Poi il tono cambia. Gassmann è in studio per presentare «Mani Nude», il nuovo film di Mauro Mancini.

«È un film urticante, molto violento. C'è molto sangue. Però mentre lo guardavo, mi dicevo: non può che essere così. È un film di Mauro Mancini, sulla guerra», dice Fazio, introducendo la pellicola, al cui centro c'è un processo terribile e attuale: «È un film che racconta la disumanizzazione necessaria per rendere possibile la violenza. Prima devi togliere l'umanità all'altro, solo così puoi arrivare a compiere certe azioni».

La storia ruota attorno a un ragazzo di buona famiglia, rapito da un'organizzazione criminale e costretto a combattere a mani nude in un'arena clandestina, senza regole. «Per togliergli l'umanità devi togliergli prima tutte le possibilità. Chi perde muore», spiega Gassmann, mentre Fazio aggiunge: «Pensate a una persona normale, che improvvisamente si trova in questa condizione: deve decidere se soccombere o uccidere».

Nel film, Gassmann interpreta Minuto, l'addestratore: un uomo temuto, che non ha mai perso uno scontro. «Lo chiamano così perché nessuno è mai sopravvissuto più di un minuto contro di lui». Una figura brutale, che nasconde tuttavia la complessità che il regista aveva già espresso in «Non odiare».

Accanto a Gassmann c'è il giovane Francesco Gheghi, già candidato ai David: «Lo avevo conosciuto in «Mio fratello rincorre i dinosauri». L'ho ritrovato qui, dove credo abbia dato la sua interpretazione più intensa e profonda». E scherza: «Ha preso muscoli, si è allenato sei mesi. Tutti i combattimenti li fa lui. Io invece sono semplicemente arrivato a 110 chili».

Parlando del suo rapporto con i social, Gassmann ha raccontato di aver lasciato X: «Sono uscito quando è diventato invivibile. Sono andato da un'altra parte, ma più o meno... diciamo, siamo sempre lì».

E infine, una riflessione sul mestiere dell'attore: «È un lavoro meraviglioso, perché ti permette di vivere tante vite. Ma allo stesso tempo ti crea piccole ferite dentro, perché devi regalare anche la parte sofferente di te stesso ai personaggi. E poi, un attore si affeziona a loro: non ricordano solo le gioie, ma anche esperienze dolorose, vissute... e curiosamente continuano a mancarti».