Protagonista in «Wilder» Manuela Biedermann: «Si diventa adulti quando si perdono delle persone care»

Aurélia Brégnac/AllTheContent

10.2.2020

Manuela Biedermann, attrice di teatro passata al cinema e alla televisione, interpreta in questo momento una poliziotta del Canton Giura nella seconda stagione di «Wilder», in onda sulla RSI.

Tra Germania, Francia e Svizzera, l’attrice interpreta ruoli molto differenti tra loro, passando dall’uniforme da poliziotta ai costumi d’epoca. Di ritorno a casa, nei pressi di Bienne, si è ritagliata il tempo - tra un set e l’altro - di rispondere alle nostre domande.

Ci può parlare del personaggio di Susann Walter, nella serie «Wilder»?

Questa stagione di «Wilder» è ambientata in un luogo diverso. Susann Walter appare per la prima volta nella seconda stagione. Sono una poliziotta di un piccolo villaggio del Giura bernese, un luogo fittizio. Nel quale non si verificano grandi delitti, ci sono pochi episodi di violenza... Ma improvvisamente, ci sono tre morti. Io e il mio assistente siamo sostenuti dall’arrivo della commissaria Rosa Wilder che torna dagli Stati Uniti, dove ha studiato tecniche di profilazione criminale. Io conosco più o meno l’intera popolazione del villaggio e tutti mi rispettano; non sono troppo severa... Il mio compito consiste nell’aiutare Rosa Wilder. Da un punto di vista personale, Susann ha vissuto una grande sofferenza, poiché ha perso un figlio. La sera, torna dal lavoro e racconta la giornata a suo marito.

Attrice di tv e cinema, così come di teatro: lei si definisce un camaleonte. Ma cosa preferisce?

Ho sempre voluto girare dei film, prima di cominciare una scuola di teatro. Sono in effetti rimasta molto tempo nei teatri svizzeri e poi in Germania... Ho sempre interpretato ruoli classici, e mi è piaciuto molto. La prima parte importante al cinema è arrivata nel 1999, in «Große Gefühle». Da quando sono diventata mamma, mi sono concentrata soprattutto sui film. Adoro girarli e sono anche più compatibili con la famiglia.

Lei lavora ovviamente in Svizzera, ma anche in Francia e in Germania. Quali sono i diversi approcci in termini di regia? Esiste un modo «tipicamente svizzero» di girare un film?

Ho girato in Germania, per un piccolo ruolo in una grande produzione alla quale partecipavano delle star: «The Physician» («Medicus», 2013, ndr). È stato completamente diverso. Ma noto una differenza anche tra la Francia e la Svizzera: già va detto che a pranzo si mangia molto meglio in Francia! (ride). In Svizzera si producono sempre più serie, ma non abbiamo ancora tutto il «background» che c’è all'estero. In ogni caso, apprezzo tutti e tre i Paesi, sono molto aperta. Ma mi piacerebbe recitare più spesso in inglese. In privato parlo meglio il francese, ma trovo piuttosto semplice girare in inglese...

Quali sono le parti che non ha ancora avuto e che sogna di interpretare?

È una bella domanda… In questo momento sto lavorando al contempo su tre set diversi. Ho appena cominciato un cortometraggio a Zurigo, poi sarò a Parigi per girare una serie storica, in costume e con pettinature d’epoca, intitolata «Paris Police 1900». Mi piace molto tutto ciò che mi riporta al teatro. Ma adoro anche indossare l’uniforme da poliziotta, come in «Wilder». In effetti non saprei dire... In generale, mi viene proposto qualcosa, leggo la sceneggiatura e poi decido. Mi piacciono le proposte nuove. Ma è vero che ho interpretato tre volte un’infermiera per piccoli ruoli, e tre volte una poliziotta: con Pierre Monnard in «Wilder», in un cortometraggio e ora in una commedia. Mi piace molto cambiare aspetto, taglio e colore dei capelli...

«Mi piace molto tutto ciò che mi riporta al teatro.»

Chi sono le sue icone, le attrici alle quali si ispira?

Quando ero una giovane attrice, adoravo Meryl Streep e Glenn Close. Non è qualcosa di molto originale... Oggi sono una grande fan di Olivia Colman, che ha recitato nella serie «Broadchurch». Mi identifico più con questo genere di attrici che interpretano ruoli di carattere, rispetto ad Angelina Jolie. Che è un’ottima attrice, ma a me piacciono i ruoli complessi.

Lei si sposta spesso per girare. Riesce a ritagliarsi del tempo per lei e per la sua famiglia?

Dipende dagli anni. In questo momento sono davvero piena di lavoro fino a metà marzo. Successivamente, ci sarà un po’ più di calma. Lavoro duro, poi dormo parecchio, mangio bene e cerco di recuperare. E mi occupo dei figli, del cane, della casa... Sono sempre molto attiva. Mi piace anche andarmi a rilassare al mare, a Fuerteventura, o nel bosco vicino a casa mia. Abito in un villaggio sulle alture di Bienne, molto calmo.

Quali sono le sue passioni, al di là della recitazione?

Il cinema e il teatro, ovviamente, e la lettura, le esposizioni e l’arte in generale. Ho un grande giardino, del quale non ho sempre il tempo di occuparmi, ma andrà meglio con l’età. (ride) E poi mi piace andare in bicicletta nella natura, muovermi, correre, sudare. Suono anche un po’ il pianoforte e il violino. Ma non potrei farlo in un concerto!

«Quando si scrive si è davvero molto soli. Bisogna trovare il giusto equilibrio.»

Quali sono gli altri progetti che ha attualmente e quelli futuri?

«Paris Police 1900», questa serie storica girata a Parigi. E un cortometraggio di Marina Klauser che parla della solitudine delle persone, del confronto con la morte... un tema attuale nella nostra società. Quindi una commedia, il che sarà un bel cambiamento dopo tutti questi soggetti drammatici. Quando ero più giovane, questo mi pesava meno, ora un po’ di più. Restare a lungo immersa in un personaggio e in pensieri non particolarmente positivi...

Perché le pesa di più oggi? Si potrebbe immaginare il contrario…

Non so… Forse perché ho 54 anni e mio padre è morto due anni e mezzo fa. Quando ero giovane relativizzavo. Poi ci si rende conto che non ci si vedrà davvero mai più. Forse si diventa più adulti quando si perdono delle persone care. Diventa qualcosa di più presente.

Le piacerebbe dirigere un film?

Non ci ho mai pensato, ma credo di no. Non è lo stesso mestiere. Sono molto soddisfatta come attrice. Ciò che mi interessa, casomai, è scrivere dei romanzi. Ho già scritto un soggetto teatrale che ho recitato. Ho cominciato dei romanzi, ma non li ho terminati. Quando giro molto, vedo molta gente. Per cui mi piace anche trovare un po’ di tranquillità. E quando si scrive si è davvero molto soli. Bisogna trovare il giusto equilibrio. In questo momento scrivere è qualcosa che mi piacerebbe fare: vedere un mio lavoro pubblicato. Ma per ora sono contentissima dei progetti di recitazione. E mi è piaciuto moltissimo lavorare con Pierre Monnard per «Wilder», che è talentuoso e simpatico. È uno svizzero romando, riesce a creare una buona atmosfera rimanendo al contempo molto professionale: è adorabile!

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