Spettacolo Micaela Ramazzotti: «Non amo le eroine»

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1.12.2017 - 14:03

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(Cover) - IT Italian Stars - Micaela Ramazzotti ha presentato alla Mostra del Cinema di Venezia il nuovo film che la vede protagonista, «Una famiglia» di Sebastiano Riso, racconto crudo di una coppia coinvolta nel mercato nero di bambini: quando trovano una coppia disposta ad acquistarli, li concepiscono e poi li vendono.

«Il film nasce da intercettazioni telefoniche che ci ha fornito la procura di Santa Maria Capua Vetere e che sono state per noi in fase di scrittura una fonte indispensabile per raccontare il mercato nero di neonati in Italia - racconta il regista su Repubblica -. Questo è stato il punto di partenza, ma “Una famiglia” non è un film sull'utero in affitto o sulle adozioni illegali, è una storia che si interroga sul concetto di famiglia oggi nel nostro paese».

Il ruolo ha subito convinto la Ramazzotti: «Non amo le eroine, preferisco queste donne disgraziate, più sono disperate e più vengono da mondi subalterni, più voglio difenderle e farmene portavoce. Il cinema in qualche modo ti dà l'occasione per dare voce a chi non ce l'ha. Questa è una mamma bambina, a mala pena sa essere madre di se stessa, si abbraccia in questo giubbottino di lana cotta rosa che le vediamo addosso per tutto il film come se tenesse in grembo se stessa - riflette -. Maria sembra non avere un passato e sembra essere schiava di quell'uomo che è amante, marito, amico, carceriere, ma in realtà fa parte di un progetto che non ha deciso ma ha accettato. Fin dalla prima scena del film lei sta meditando di emanciparsi e ribellarsi, sarà libera solo quando riuscirà a liberarsi dal reiterarsi del doloroso percorso di sesso, gravidanza, espulsione e vendita di questi bambini».

Il marito dell’attrice, Paolo Virzì, ha riconosciuto quanto sia stato liberante per Micaela questa esperienza attoriale. «Il suo è un film molto coraggioso e anche scandaloso. Micaela è stata audace: non ha paura di mostrare le proprie fragilità e ferite. Quel film lo ha fatto con intensità ma anche in modo liberatorio. Tornava a casa di buonumore, come se avesse sfogato tutto il suo dolore sul set».

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