Luci e ombre della sua vita Il figlio di Paolo Villaggio e la tossicodipendenza: «Mio padre non si vergognò mai di me»

Covermedia

24.3.2025 - 13:00

Piero Villaggio
Piero Villaggio

Piero Villaggio racconta i particolari di una vita fuori dagli schemi, accanto a un padre che per tutti era Fantozzi, ma che per lui fu sempre Paolo. «Mi portò a San Patrignano con un'interpretazione da Oscar. Non mi nascose mai».

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  • Il figlio di Paolo Villaggio - da molti conosciuto come «Fantozzi» - si è concesso in una lunga intervista al Corriere della Sera.
  • Piero, con un passato da tossicodipendente, ha ripercorso le pagine più buie della sua vita, raccontando come il padre gli è stato accanto anche nei momenti più duri, come quando la sua fidanzata è morta per overdose.
  • Fra i ricordi d'infanzia di Piero ci sono tante personalità di spicco: Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, ma anche Fabrizio De André e Silvio Berlusconi.
  • I momenti più felici nella vita di Paolo Villaggio: quando il figlio ha smesso di drogarsi e il Leone d'oro alla carriera ricevuto a Venezia.

«Aveva gli occhi malinconici, ma non mi ha mai voltato le spalle. Nemmeno quando trovai morta la mia fidanzata per overdose».

Piero Villaggio ripercorre nell'intervista rilasciata al Corriere della Sera, senza reticenze la sua storia personale e familiare, in cui l'amore del padre Paolo – per tutti Fantozzi – ha avuto un ruolo decisivo, nel bene e nel male.

Pagine buie

Tra le pagine più difficili, il periodo trascorso a San Patrignano: «Ci arrivai con un'interpretazione da Oscar. Vivevo a Los Angeles, lui e mia madre vennero a prendermi. Facemmo tappa a Parigi, poi a Venezia, dove mi portò all'Harry's Bar. Poi noleggiò un'auto. Quando capii dove stavamo andando mi arrabbiai, ma fui io a decidere di restare».

Tre anni in comunità, con i metodi di Vincenzo Muccioli che oggi Piero valuta con distacco: «Non ero sempre d'accordo, ma ha dato risposte a tante famiglie. Alla fine, per me fu un'esperienza positiva: ne sono uscito».

Anche dopo la tragedia della fidanzata Maria Beatrice Ferri, morta a casa sua nel 1983, Paolo Villaggio non lo abbandonò: «Non capì subito cosa gli stessi dicendo, pensava a un'amica. I suoi genitori non mi colpevolizzarono mai».

Un papà che lo viziava

La tossicodipendenza, dice, sarebbe arrivata comunque: «È una malattia, come lo fu il diabete per mio padre. Non sono mai riuscito a colpevolizzarlo, nemmeno quando lo accompagnavo, già in sedia a rotelle, nei negozi dove c'erano le cose di cui era goloso. Mai dolci, curiosamente».

Con affetto e ironia, Piero racconta anche l'altra faccia di Paolo Villaggio, quello privato: «Mi viziò troppo. Alle medie fui bocciato, e lui, che era in Brasile a girare un film, mi comprò un biglietto in prima classe per raggiungerlo. Quando facevo l'album delle figurine, mi portava in edicola e comprava tutto: mi tolse il gusto di completarlo».

Nonostante il legame, Piero non lo ha mai chiamato «papà» – sempre Paolo – e della sua eredità dice: «Non ho preso la sua genialità. Mi dispiace non aver intrapreso la carriera di attore, ma con un padre così mi sembrava banale».

Cresciuto fra attori e Berlusconi

Fantozzi, Fracchia o il professor Kranz? «Per tutti ero il figlio di Fantozzi. Direi lui: siamo cresciuti insieme». Il film che ama di più? «Il segreto del bosco vecchio di Olmi. Lì ho visto davvero le sue doti d'attore».

I ricordi belli non mancano, come le partite viste insieme: «Tifavo Lazio, lui Samp. Il calcio era solo nostro, giravamo l'Europa. A volte ci invitava Berlusconi: andavamo col suo jet, ma al ritorno lui non c'era mai».

Paolo Villaggio, lontano dal set, frequentava solo Gigi Reder, il ragionier Filini, e due amici veri: Tognazzi e Gassman. «Quando cucinava Tognazzi, però, non era il massimo», scherza Piero, che da bambino incontrava anche i figli Gianmarco e Alessandro Gassman.

Fra le colleghe, Paolo stimava tutte, «ma la Mazzamauro gli piaceva un po' meno. La mia preferita era la Vukotic».

«Sono orgoglioso di lui»

Anche la musica era parte della famiglia: «De André dormiva sul nostro divano, vestito. Gli chiedevo perché non andasse a letto, lui rispondeva che gli piaceva così».

Con il pubblico Paolo fu sempre generoso: «Solo alla fine si spazientiva, ma era la malattia. Quando proiettarono il primo Fantozzi, sgattaiolammo in periferia per vedere le reazioni della gente. Si tranquillizzò solo quando iniziarono a ridere».

Infine, un'immagine di Paolo felice: «Quando gli diedero il Leone alla carriera a Venezia. Era raggiante». E nella vita privata? «Quando ho smesso di drogarmi».

Piero sorride e conclude: «Mi hanno chiamato figlio di Fantozzi, ma lui non si vergognò mai di me. Alcuni dicono che si espose fin troppo. Io dico che sono orgoglioso di lui».