All'età di 33 anni Gelson Fernandes ha ufficialmente appeso le scarpe al fatidico chiodo. La sua ultima partita ufficiale è andata in scena sabato scorso, quando il suo Eintracht Francoforte ha affrontato l'SC Paderborn nell'ultima giornata di Bundesliga. Noi l'abbiamo incontrato per un'intervista esclusiva.
Gelson Fernandes, sabato scorso ha vissuto la sua ultima partita da calciatore professionista. A distanza di due giorni, come si sente?
Sabato ho vissuto una giornata molto emozionale, molto dura. IN effetti è stata la giornata più difficile della mia vita. Invece di ripensare alla mia carriera, ho programmato degli impegni a partire da lunedì mattina, così da poter affrontare al meglio questa situazione. Una volta che si vivono emozioni di grande intensità, non è semplice quando tutto si ferma.
Purtroppo è dovuto rimanere in panchina e le tribuno dello stadio erano vuote. Ha qualche rimpianto per aver chiuso la carriera in queste condizioni?
Dall’esterno può sembrare sia stato difficile chiudere in questo modo. Sinceramente, per come la vedo io, penso sia stata una fortuna. Se lo stadio fosse stato pieno, e anche la mia famiglia fosse stata presente, non penso che ce l’avrei fatta a dire addio al calcio. Non ne sarei semplicemente stato capace. Il fatto di essere rimasto in panchina? Avevo ripreso gli allenamenti con la squadra venerdì, e la partita era importante per il piazzamento della squadra in chiave diritti TV. Sarei potuto entrare sul punteggio di 3-0, ma Padeborn è tornato in partita (3-2 ndr.) e l’allenatore si è ritrovato in una situazione complicata.
Gli ultimi minuti di gioco li ha vissuti il 30 maggio nella partita contro il Wolfsburg. Un infortunio al polpaccio e il complicato finale di partita di sabato le ha impedito di tornare a giocare. C’è un po’ di frustrazione per aver finito così?
No, per niente. Sono cose che succedono. Il mio corpo mi ha semplicemente mostrato i suoi limiti.
Sono stati i numerosi infortuni accorsi negli ultimi sei mesi ad averti spinto a concludere la tua carriera di giocatore?
Ci pensavo già prima. Poi sono arrivati anche i guai fisici, la crisi del coronavirus e in seguito numerose partite giocate a porte chiuse. Tutti questi elementi mi hanno permesso di valutare i pro e i contro, e mi hanno permesso di constatare che era il momento giusto per smettere, a quasi 34 anni (Gerlson Fernandes compie gli anni il 2 settembre ndr.). Il mio stile di gioco è molto dispendioso, tenendo conto che corro per tutto il campo. Dunque la decisione deriva sì dai problemi fisici, ma per giocare bisogna avere anche la necessaria forza mentale. In ogni caso, volevo smettere giocando ai massimi livelli.
L’idea di concludere la carriera in Svizzera non le ha mai passata per la mente?
No. Non volevo concludere la carriera qui. Non sono sicuro che il mio ginocchio avesse potuto reggere giocando così spesso sui campi sintetici (attualmente in Super League tre squadre su dieci giocano su campi sintetici: Young Boys, Neuchatel Xamax e Thun ndr).
Nel prossimo futuro oltre ad essere un di Teleclub, cosa farà per riempire le sue giornate?
Ho degli altri progetti che annuncerò prossimamente. lavoro sulla mia riconversione professionale già da qualche mese. Sarò attivo nel mondo del calcio, in quale forma si vedrà in seguito. Naturalmente non avrò la stessa soddisfazione che vivevo come giocatore, ma ho intenzione di continuare a divertirmi. Questa caratteristica del mio lavoro mi sembrava fondamentale da mantenere.
Cosa porta con sé dalle esperienze in Inghilterra, Francia, Italia, Portogallo e Germania?
Dal punto di vista calcistico ho vissuto emozioni incredibili. Ho avuto la fortuna di giocare in campionati eccellenti, in stadi pieni e contro dei grandi giocatori.Posso dire con sicurezza di aver realizzato il mio sogno. Il calcio che ho preferito? Direi la Premier League e la Bundesliga, proprio per lo stile di gioco. A livello umano invece posso dire di aver incontrato persone fantastiche e sono stato bene in ogni posto dove sono passato.
Ha detto di aver realizzato il proprio sogno. Tornando indietro negli anni, da bambino pensava di poter compiere un percorso simile?
Era un sogno, ma anche un obiettivo. In ogni caso non sono sicuro che molti credevano che potessi riuscire a compiere una carriera simile. Devo anche essere onesto, io non ero certo il giocatore più talentoso, però avevo un gran cuore.
In generale, ripensando alla sua carriera, ha dei rimpianti?
Aver cambiato molte squadre non costituisce una delusione. In alcune situazioni sono stato un po’ impaziente. Se potessi rifare certe scelte, le farei in modo diverso. Ma è sempre più facile parlare col senno di poi.
Un'altra cosa che cambierei? Farei in modo che il colpo di testa di Blerim Dzemaili non si stampasse sul palo, ma che entrasse in gol (Gelson parla della partita degli ottavi di finale Svizzera-Argentina (0-1) dei Mondiali del 2014 ndr.). È stata una grandissima delusione per giocatori e tifosi, ma allo stesso tempo sono convinto che è stato anche un momento molto positivo per la Nazionale svizzera. Non penso che nella storia del calcio svizzero la Nati avesse mai giocato una partita simile, tenendo testa ad un avversario così forte in un mondiale. Quel giorno a San Paolo avevamo giocato alla pari con l'Argentina.