Ad un anno dalla morte di Vialli Il ricordo commosso del fratello: «Gianluca attendeva la fine con impazienza, era stanco di soffrire»

bfi

7.1.2024

Gianluca Vialli (2018) 
Gianluca Vialli (2018) 
KEYSTONE

Ad un anno della morte di Gianluca Vialli, stroncato da un tumore all'età di 58 anni, il fratello Nino ricorda le ultime settimane trascorse insieme.

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Era il 6 gennaio del 2023 quando arrivò la notizia che colpì il mondo del calcio, italiano, inglese, internazionale. Gianluca Vialli, il guerriero di centinaia di battaglie con le maglie di Sampdoria, Juventus e Chelsea, aveva perso quella con la vita.

L'ex bomber della Nazionale italiana aveva 58 anni e per anni aveva combattuto con un tumore al pancreas. 

Nino Vialli: «Attendeva la fine con impazienza, voleva smettere di soffrire»

In occasione del primo anniversario della morte dell'ex campione il «Corriere della Sera», ha intervistato Nino Vialli, fratello maggiore di Gianluca.

«È un ricordo continuo. Ci sentivamo per telefono. Spesso, dopo che ha scoperto la malattia, non mi rispondeva, a volte neanche ai messaggi, io credo per l’imbarazzo che gli chiedessi "Come stai?". Si faceva sentire quando stava proprio bene, sennò si negava un pochino».

Nino Vialli, che da anni si è trasferito in Thailandia, ricorda ancora gli ultimi mesi della vita del famoso fratello: «Era cosciente che la fine si avvicinava, l’attendeva con impazienza, voleva smettere di soffrire, di lottare. Non era da lui, ma la malattia era durata troppo». 

Così Nino è volato a Londra con la moglie, per stare vicino a Gianluca. Sempre al Corriere della Sera ha raccontato che una volta arrivato in camera del fratello, lui gli ha detto: «"Non preoccupatevi: se voglio qualcosa, ve la chiedo". Era fatto alla sua maniera».

Un settimana prima del decesso, è stato lo stato Gianluca a rincuorare i famigliari: «Siete i compagni ideali, siete qui, io so che ci siete».

«Penso che la sofferenza fosse troppa», ha aggiunto Nino nell'intervista. «Si appisolava sempre più frequentemente, si svegliava poco e noi abbiamo solo potuto stagli vicino. Eravamo tutti lì quando è spirato».

Le imprese di gioventù e un lascito di pensieri

«Io non sono mai sceso in campo senza pensare di poter battere l'avversario. Mai, in tutta la mia vita. Sono stato fortunato. Con la Cremonese puntavo alla promozione, ed era possibile. Poi con la Samp allo scudetto, possibile anche quello. Con la Juve alla Champions e ce la facemmo», aveva confidato Gianluca Vialli anni fa al «Corriere dello Sport».

«Erano squadre forti, con grande carattere. È diverso se scendi in campo sperando di non perdere. Giocare nella Juve per me e stato un grande onore. Ma io ho ricambiato faticando tanto, correndo tantissimo. Quando mi toglievo la maglietta, non importa se quella dell'allenamento o della partita, era sempre bagnata di sudore».

Ma per l'uomo che si fece conoscere al mondo come calciatore non c'era spazio solo per le vittorie, i trofei e la gloria passata. L'ex campione era un marito, un papà.

«Io sono convinto che i nostri figli seguano il nostro esempio più che le nostre parole. Quindi credo di avere meno tempo, adesso che so che non morirò di vecchiaia. Spero di vivere il più a lungo possibile però mi sento molto più fragile di prima e quindi ogni mio comportamento mi porta a fare questo ragionamento: è la cosa giusta che sto mostrando alle mie figlie? E in questo senso cerco di essere un esempio positivo», queste le parole dello scomparso campione in un'intervista rilasciata alcuni mesi prima della morte.