Calcio femminile al bivio Rapinoe: «C'è grande frustrazione, ma...»

ATS

18.7.2023

La statunitense Megan Rapinoe.
La statunitense Megan Rapinoe.
Imago

Nonostante i premi in denaro storicamente elevati per la competizione in Oceania, la Coppa del Mondo femminile è al centro di rivendicazioni che stanno sconvolgendo la disciplina tra proteste delle giocatrici e disuguaglianze di trattamento. Questa situazione fa temere un allargamento del divario tra le grandi nazioni e le piccole.

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C'è il lato dorato della medaglia, quello dei colossi europei e nordamericani, con i loro staff giganteschi, le tecnologie all'avanguardia e le ricche federazioni. Ma in Australia e in Nuova Zelanda (Mondiali al via dal 20 luglio fino al 20 agosto) arriveranno anche Nazionali che possono contare su budget minimi, le quali lottano per essere considerate e che talvolta sono costrette a organizzare delle raccolte fondi per finanziare la loro competizioni.

Questo è il paradosso dei Mondiali, che avrebbero dovuto portare il calcio femminile a un livello superiore. Nella vetrina risplendono le dichiarazioni della FIFA, che ha triplicato i premi in denaro rispetto all'edizione del 2019 in Francia, portando il montepremi totale a un record di 152 milioni di dollari, dieci volte di più rispetto al Mondiale del 2015 in Canada.

Il progetto va ancora più in là, poiché ogni giocatrice selezionata per il torneo riceverà un premio individuale di almeno 30'000 dollari, che può arrivare fino a 270'000 dollari per le campionesse del mondo.

«Questo è il primo passo»

«Sono così orgogliosa di far parte di questo cambiamento. Ho visto il calcio femminile passare da zero a cento», ha dichiarato commossa la difensora australiana Ellie Carpenter, interrogata su questa evoluzione senza precedenti. «Tuttavia penso che questo sia solo il primo passo, la strada è ancora lunga rispetto agli uomini. Spero che possiamo costruire su questo».

Nonostante questo messaggio di speranza, il vento della rivolta all'interno delle squadre femminili per più diritti, considerazione ed equità si è probabilmente fatto sentire più che mai all'alba di questo Mondiale 2023.

Il semplice esempio della Giamaica è significativo. Le «Reggae Girlz» partecipano al loro secondo Mondiale consecutivo, ma pochi giorni prima dell'inizio le giocatrici hanno pubblicato un comunicato per denunciare «l'estrema disorganizzazione» della loro squadra, chiedendo «un cambiamento immediato» dopo aver dovuto rinunciare a diverse partite negli ultimi mesi per motivi logistici.

La madre di Havana Solaun, centrocampista giamaicana, ha persino lanciato una raccolta fondi online per coprire le spese del ritiro della squadra, che ha raccolto quasi 50'000 dollari a metà luglio.

Anche la selezione nigeriana sembra sull'orlo della crisi: l'allenatore Randy Waldrum ha criticato ampiamente le condizioni di preparazione al torneo nel podcast «Sounding Off on Soccer», lamentandosi soprattutto dell'annullamento da parte della federazione di un campo di allenamento. Il Mister ha ricordato in particolare che le sue giocatrici hanno dovuto boicottare gli allenamenti durante la Coppa d'Africa del 2022 per ottenere il pagamento dei premi.

«È frustrante»

Quanto alla squadra del Sudafrica, ha semplicemente deciso di boicottare la partita di preparazione contro il Botswana il 2 luglio scorso, dopo aver ricevuto contratti che, secondo le giocatrici, non includevano il premio individuale di 30'000 dollari promesso dalla FIFA.

Le ragazze sudafricane si sono anche allarmate sulle condizioni del campo designato per la partita. Inflessibile, la federazione ha improvvisato una selezione di giocatrici delle leghe inferiori all'ultimo minuto, che è stata pesantemente sconfitta per 5-0, un punteggio riprovevole per una squadra campione d'Africa.

«La federazione può pensare che stia facendo abbastanza, ma ho un'altra opinione», si è indignata l'attaccante Jermaine Seoposenwe in un'intervista rilasciata a «SABC».

«È frustrante», ha dichiarato recentemente la giocatrice simbolo di questa lotta per l'uguaglianza, la statunitense Megan Rapinoe, interrogata su casi sopra elencati. «Non dovrebbe essere così. Ma penso che in generale la situazione stia migliorando. Penso che ci siano sempre più risorse a disposizione per queste squadre nazionali».

La stella di questa disciplina potrà comunque constatare, in Oceania, che le lotte vanno ben oltre le piccole nazioni. Negli scorsi mesi le canadesi hanno minacciato uno sciopero per ottenere maggiori risorse e diverse giocatrici francesi si sono ritirate dalla squadra fino a ottenere il licenziamento del loro allenatore Corinne Diacre.

La Spagna si presenta al Mondiale senza una dozzina di «ribelli» che da tempo criticano i metodi del selezionatore Jorge Vilda. Ma loro, al contrario, non sono state ascoltate...