Sangue dannatamente latino Mantegazza: «Mi batto da sempre per l'identità ticinese del club»

bfi

8.9.2021

Vicky Mantegazza, un presidente che porta passione, spirito imprenditoriale, rispetto e identità ticinese all'interno del suo club.
Vicky Mantegazza, un presidente che porta passione, spirito imprenditoriale, rispetto e identità ticinese all'interno del suo club.
KEYSTONE

In occasione dell'anniversario del suo Lugano e in concomitanza con l'avvio del campionato, il presidente Mantegazza ci ha parlato dell'identità ticinese, di Bergeron, dell'atmosfera famigliare, e altro ancora.

bfi

8.9.2021

Con il campionato di National League ai blocchi di partenza - per la prima volta a tredici squadre - e la Champions Hockey League che ha offerto due vittorie e due sconfitte ai giocatori di McSorley, il presidente Mantegazza saluta così la cavalcata degli ultimi quattro mesi prima di chiudere l'anno dell'ottantesimo anniversario del suo HC Lugano.

Ricordiamo che Vicky Mantegazza è alla testa della società sottocenerina da quasi dieci anni, tifosa da sempre. La 56enne sta inoltre traghettando la sua società attraverso le difficili acque contaminate dalla pandemia. E cosa augura il presidente al suo club nell'anno del'80esimo compleanno?

«Io auguro al Club di continuare a godere di ottima salute e di poter continuare a scrivere pagine importanti della storia di un libro già carico di successi».

Proprio pensando ai successi Lugano è una piazza pretenziosa, abituata bene dalla lungimiranza, dalla passione e dall'impegno - anche economico - di papà Geo, artefice di quel 'Grande Lugano' capace di dominare il massimo campionato svizzero dalla fine degli anni '80 agli inizi di questo secolo. L'ultimo campionato fu vinto nel 2006, con i vari Metropolit, Peltonen, Nummelin, Hirschi, Bertaggia,...

«Avere pressione è un privilegio»

Il presidente sente la pressione - salire di anno in anno - di riportare il titolo sulle rive del Ceresio?

«No, assolutamente no. Come ha detto Chris McSorley recentemente, avere pressione è un privilegio. Quando dirigi un Club sportivo, che oltretutto ami, il tuo compito è quello di mettere insieme ogni pezzo affinché tutto l’insieme combaci per poter raggiungere l’obiettivo. Poi ci sono altri fattori che non puoi controllare come la fortuna, la situazione COVID, gli infortuni, ecc.. Per me l’importante è andare a letto la sera sapendo di aver fatto tutto il possibile e risvegliarmi la mattina carica per continuare a farlo.»

Quanto è importante per lei mantenere un'identità locale della squadra? Giocatori e staff legati fortemente a Lugano e al Ticino.

«Sono diversi anni che il Lugano forma giovani provenienti dal suo vivaio. Tanto è vero che oggi in formazione della prima squadra ne contiamo ben tredici. Questo trend è cambiato proprio con la mia elezione in quanto volevo che il Lugano potesse essere un Club con una base di giocatori del vivaio, che mantenessero nello spogliatoio la realtà ticinese, l’identificazione e i valori della nostra maglia».

«Blindare il Fazz era naturale»

Il rinnovo a Fazzini - cinque anni - ha a che fare anche con questo aspetto...

«Il "Fazz" è un prodotto del nostro vivaio perché vi gioca dalla categoria Piccolo ed è diventato uno dei giocatori più forti in Svizzera. Blindarlo era naturale. Lui voleva solo il Lugano e noi volevamo lui. Il matrimonio è stato semplice e ne siamo orgogliosi. Come il "Fazz" ci saranno anche altri giocatori del vivaio. Lui è cresciuto molto anche in fatto di leadership e anche questo è un aspetto importante all’interno del nostro spogliatoio».

Tentiamo di giocare al fantahockey, al gioco del 'se si potesse...'. Se potesse riportare in pista un portiere, un difensore e un attaccante della storia del Lugano per dar man forte alla formazione attuale, chi sceglierebbe?

«Già, questo è puro fantahockey... scelgo comunque tre nomi relativamente «freschi», perché l’hockey degli ultimi anni è cambiato parecchio… direi quindi Elvis (Merzlikins n.d.r.), Nummelin e, per me uno dei giocatori più forti dell’hockey mondiale, un certo Bergeron». 

«Tenere così tanto al Lugano credo sia un punto di forza»

Lei è presidente e tifosa: quanto è difficile - a volte - far convivere queste due anime?

«Con gli anni ho imparato a scindere le due cose quindi non è difficile, anche se il mio sangue è dannatamente latino. Anzi, penso che il fatto di tenere così tanto ai nostri colori sia un punto di forza e non un punto di debolezza».

In una recente intervista Gian Marco Crameri ha ricordato l’ambiente famigliare del Lugano quando giocò con i bianconeri tra il 1996 e il 2000. Lei sente ancora questo aspetto di famigliarità all’interno del club?

«Fa piacere sentire giocatori passati da Lugano apprezzare questo aspetto che per noi resta uno dei punti più importanti. Quando un giocatore si sente bene a casa, anche al lavoro renderà di più. E noi a Lugano siamo davvero una grande famiglia perché sappiamo che possiamo sempre contare sul compagno».

Mantegazza ha oggi alle spalle 10 anni di esperienza quale presidente. Quale dev'essere secondo lei la qualità più spiccata per un presidente di un club professionistico di hockey?

«Difficile rispondere a questa domanda. Per me alla base di ogni cosa che faccio ci dev’essere, onestà, trasparenza, comunicazione e ovviamente rispetto».

«Oggi i club sono delle vere e proprie aziende»

Lo sport è un generatore di emozioni. Lei crede dunque che esso meriti tutta l’attenzione - mediatica, economica e sociale - che ha oggi?

«Assolutamente si. Ne abbiamo avuto prova nell’ultimo anno. La gente ha bisogno di vivere emozioni e di socializzare. La vita non può essere basata solo su lavoro/casa e casa/lavoro. Nel mezzo ci sono tantissime altre cose che possono essere lo sport, l’arte, la cultura, ecc. Noi vendiamo emozioni in una pista di hockey. Ma non dimentichiamoci che il nostro sport dà lavoro a tantissima gente e non può essere più visto solo come un semplice Club sportivo, bensì un’azienda vera e propria. Io sono felice di poter ritrovare la gente alla pista e di poter far passare a loro, spero, delle serate spensierate e piene di gioia».