Dopo la prova incerta di Kamila Valieva, il presidente del CIO si è detto molto preoccupato per l'enorme pressione esercitata sulla 15enne. La compagna Trusova dice di odiare «questo sport».
Non è ancora finita l'odissea olimpica per la giovanissima atleta russa Kamila Valieva. Dopo che la pattinatrice ha terminato la sua gara, visibilmente sconvolta per le due cadute nella finale, la sua allenatrice Eteri Tutberidze ha chiesto ripetutamente alla sua pupilla «perché l'hai lasciato andare, perché? Dimmelo...», disinteressandosi apparentemente del suo stato emotivo.
«Agghiacciante vedere come è stata accolta dal suo entourage»
Comportamento questo della Tutberidze, già sotto i riflettori della critica in patria per i suoi modi decisamente duri, che ha fatto scattare la reazione del presidente del Comitato olimpico internazionale: «Agghiacciante vedere come è stata accolta dal suo entourage» ha detto Bach in conferenza stampa, aggiungendo stupore anche per la reazione dell'altra russa Alexandra Trusova: «Tutto questo non mi dà molta fiducia nell'entourage di Kamila, né per quanto riguarda quanto accaduto in passato, né per quanto riguarda il futuro».
Bach ha detto di sperare che la Valieva «abbia il sostegno della sua famiglia, il sostegno dei suoi amici e il sostegno delle persone che l'aiutano in questa situazione estremamente difficile», ribadendo che il CIO aveva chiesto all'Agenzia mondiale antidoping (Wada) di indagare sugli allenatori e sui consulenti intorno alla giovane russa.
«Ci sono dei colpevoli»
Rispondendo a una domanda di un giornalista russo sul fatto che il CIO avesse qualche responsabilità per quello che è successo a Valieva, Bach ha osservato che «c'è un campione A positivo e questo problema deve essere affrontato, non lo stavamo ignorando. Ora stiamo seguendo l'iter legale, allo stesso tempo non bisogna dimenticare che abbiamo a che fare con una minorenne, con una ragazza di 15 anni che ovviamente ha una sostanza stupefacente nel suo corpo. I veri colpevoli sono le persone che le hanno somministrato i farmaci».
La prestazione incerta di Valieva è stato fin qui l'ultimo capitolo di un'odissea olimpica iniziata con le accuse di doping, quando l'atleta russa è risultata positiva alla trimetazidina, un farmaco usato per curare l'angina ma vietato agli sportivi perché può aumentare la resistenza. La Corte arbitrale dello sport ha stabilito che la Valieva poteva continuare a gareggiare, ma l'accusa di doping non è caduta. La positività alla trimetazidina della 15enne è stata rivelata durante i Giochi di Pechino, dopo che la Valieva aveva già aiutato i russi a vincere il titolo di pattinaggio a squadre.
Trusova: «Non andrò più sul ghiaccio»
Al termine della finale durante la quale Valieva è caduta due volte affossando qualsiasi possibilità di vincere una medaglia, la sua compagna Trusova, medaglia d'argento, ha detto di non trovarsi d'accordo con la decisione dei giudici di gara. La medaglia d'oro è andata ad un'altra russa, Anna Shcherbakova.
«Odio questo sport», ha gridato la Trusova ai bordi della pista dopo aver appreso le decisioni dei giudici. «Non andrò più sul ghiaccio».
Russia ancora sotto i riflettori
Il caso Valieva ha puntato i riflettori sulla partecipazione della Russia ai Giochi olimpici, mettendola ancora nel mirino a causa del massiccio programma di doping sponsorizzato dallo Stato che ha raggiunto il suo apice alle Olimpiadi invernali di Sochi del 2014: non a caso, gli atleti russi gareggiano a Pechino sotto la bandiera del Comitato olimpico russo.