Matrimoni finanziariFusioni inevitabili, secondo Sergio Ermotti
ATS
22.9.2020 - 16:06
Il presidente della direzione uscente di UBS Sergio Ermotti vede di buon occhio il valzer di fusioni bancarie che sembra prospettarsi in Europa.
«Il treno ha ormai già lasciato la stazione, il consolidamento è inevitabile», ha detto il manager luganese. «E questo è un bene per i mercati».
Di per sé la grandezza non ha importanza: decisivo è però essere grandi in settori dove sia possibile creare un valore aggiunto sostenibile per gli azionisti, ha argomentato il 60enne in una conferenza degli investitori di Bank of America di cui riferisce la Reuters.
Secondo Ermotti in passato il dibattito in Europa è stato troppo dominato dal tema dei rischi che le grandi banche comportano per il sistema finanziario. Troppa poca attenzione è invece stata prestata al fatto che gli istituti possono essere anche troppo piccoli per rimanere competitivi. Al più tardi con la crisi del coronavirus si è però assistito a un cambio di mentalità.
Sempre agli occhi del dirigente di UBS, le autorità di regolamentazione sono pronte a riesaminare tali questioni. «In questo senso, non credo che i regolatori siano di per sé un ostacolo: negli ultimi mesi si sono al contrario dimostrati molto disponibili ad essere aperti nei confronti di cose cose che hanno un senso», ha osservato Ermotti. Naturalmente devono fermare quelle che un senso non l'hanno.
Le parole del Ceo uscente – abbandonerà la guida di UBS a fine ottobre – sono destinate ad essere ben ascoltate dopo che la settimana scorsa il blog finanziario Inside Paradeplatz ha lanciato la bomba di una possibile mega-fusione fra la più grande banca elvetica e il numero due del ramo, Credit Suisse. Si è parlato di discussioni di cui sono già stati avvertiti il capo del Dipartimento federale delle finanze Ueli Maurer e l'Autorità di vigilanza sui mercati finanziari finanziari (Finma). Nel frattempo altri media hanno ventilato un interesse di UBS per nozze transfrontaliere, in particolare con Deutsche Bank.
Il tema potrebbe peraltro essere di stretta attualità anche per Credit Suisse, che ha una capitalizzazione borsistica di ormai solo 24 miliardi. C'è chi vede ormai all'orizzonte il pericolo di un acquisizione, magari proveniente dall'estero: l'istituto è peraltro già per quattro quinti nelle mani di investitori stranieri, che hanno anche perso parecchi soldi, visto il cattivo andamento dell'azione. Dovesse presentarsi qualcuno intenzionato a rilevare il tutto potrebbero non esitare a lungo. Vista la situazione all'interno di CS potrebbe farsi strada l'idea che gettarsi fra le braccia dei rivali di UBS sia la soluzione meno cattiva.