Nigel Mansell «La morte di Ayrton Senna anestetizzò la Formula 1»

bfi

16.6.2020

Nigel Mansell (1992)
Nigel Mansell (1992)
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L'ex campione del mondo Nigel Mansell è ritornato sulle rivoluzioni che hanno toccato la Formula 1 dopo la morte di Senna, oltre che spendere due parole sui piloti di oggi. 

Il britannico, baffuto, ex-campione del mondo si è soffermato sulle rivoluzioni in termini di sicurezza tra la F1 odierna e del passato, riconoscendo nel circus di oggi un mondo eccessivamente anestetizzato.

Tre fratture alla schiena, due rotture del polso e del busto, entrambi i piedi fracassati e una placca di titanio nella spalla sinistra. 

Questi sono alcuni dei ricordi della carriera dell'inglese in Formula 1, oltre le 31 vittorie e il titolo di campione del mondo conquistato nel 1992, davanti a Patrese, Schumacher e Senna. 

Saranno anche passati 40 anni dal debutto in Formula Uno di Mansell, ma le cicatrici sono rimaste. «Chiedete a qualsiasi chirurgo e vi diranno che questo tipo di ferite rimarranno con voi per il resto della vostra vita». Nonostante ciò il 66enne ex pilota è un avido giocatore di golf. 

In un'intervista rilasciata al Daily Mail, Nigel Mansell ha confrontato la F1 di oggi con quella del passato, rispolverando il tragico giorno della morte del rivale di allora Ayrton Senna. 

Secondo l'ex-pilota della Williams, l'incidente accorso al leggendario pilota brasiliano fece da spartiacque tra una F1 pericolosa ma brillante e un nuovo sport, in cui le corse sono state «anestetizzate per minimizzare i rischi».

Nigel Mansel (sinistra) alza il braccio di Ayrton Senna, giunto terzo (1991)
Nigel Mansel (sinistra) alza il braccio di Ayrton Senna, giunto terzo (1991)
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La Formula 1 che non perdonava 

«La morte di Ayrton Senna è stata una giornata catastrofica per lo sport dei motori - ha raccontato l'ex pilota che in carriera ha partecipato a 191 Gran Premi - lo ha cambiato per sempre, perché ha sterilizzato i circuiti di gara in tutto il mondo. Questo fu un terribile errore. La Formula 1 era uno sport incredibile: ti premiava se guidavi bene, ma ti penalizzava se lo facevi male. Da quel giorno tutto cambiò, oltre ogni immaginazione».

Piloti in silenzio in segno di rispetto per i colleghi deceduti Ayrton Senna e Roland Ratzenberger (Gran Premio di San Marino 1995). Da sinistra: Mansell, Alesi, Frentzen, Schumacher, Hill e Suzuki. 
Piloti in silenzio in segno di rispetto per i colleghi deceduti Ayrton Senna e Roland Ratzenberger (Gran Premio di San Marino 1995). Da sinistra: Mansell, Alesi, Frentzen, Schumacher, Hill e Suzuki. 
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«Oggi sudano a malapena»

Alla domanda se il connazionale Lewis Hamilton avrebbe potuto vincere anche allora, Mansell risponde così:

«Lewis Hamilton avrebbe fatto bene in quelle circostanze, ma è molto, molto difficile confrontare le epoche. Tanti piloti brillanti si sono rotti le gambe o le braccia e non hanno potuto proseguire le loro carriere. Ora i buoni piloti fanno errori atroci e non si fanno male. A malapena sudano in macchina. A fine della gara, è come se fossero appena usciti dal parrucchiere».

Fangio il più grande di sempre

Difficile e azzardato fare paragoni tra campioni delle diverse epoche, Nigel Mansell lo sa, ma gli albori della corse automobilistiche racchiudevano l'essenza della velocità e del rischio, quell'alone di eroismo e pazzia he nei decenni è andato scemando sempre più. 

«Dico sempre Fangio perché quelli che guidavano in quell'epoca erano i veri eroi perché non avevano cinture di sicurezza, né caschi, né occhiali e a volte neanche i guanti. Avevano un serbatoio di benzina tra le gambe e se avevi un incidente la percentuale di uscirne vivo era del cinquanta percento». 

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