Consumi Alimenti regionali, non per forza più ecologici

hm, ats

1.10.2021 - 10:01

La scelta del prodotto avviene sempre più anche in base a criteri ecologici.
La scelta del prodotto avviene sempre più anche in base a criteri ecologici.
Keystone

Chi acquista prodotti alimentari regionali non salvaguarda per forza di cose l'ambiente: in genere il trasporto rappresenta infatti un aspetto secondario nel bilancio ecologico di un alimento.

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Lo segnala oggi la Neue Zücher Zeitung (NZZ), che fa il punto su uno dei trend – la vicinanza regionale – che viene alimentato fortemente dai grandi distributori come Migros e Coop.

Comperare verdura, frutta e carne prodotta non lontano da casa aiuta certamente a sostenere i contadini, l'economia e le tradizioni locali, ma per stabilire l'impatto ambientale vanno seguiti tutti gli anelli della catena di un articolo: dalla produzione all'imballaggio, passando dal trasporto, dalla vendita e dal consumo finale. Vanno inoltre considerate non solo le emissioni di CO2, bensì anche l'uso di risorse come l'acqua o il terreno, nonché per esempio l'impiego di pesticidi.

«Per molti alimenti il trasporto non è l'aspetto più importante del bilancio ecologico», afferma in dichiarazioni riportate dalla NZZ Niels Jungbluth, un esperto del settore che con la sua azienda – la ESU-Services di Sciaffusa – consiglia organizzazioni ambientaliste, aziende e autorità. «Se i consumatori vogliono migliorare il loro impatto possono ricorrere a leve molto più significative che l'acquisto di prodotti regionali».

Non sempre è così...

Ad esempio per la frutta e verdura diversi studi hanno mostrato che la produzione in Svizzera è spesso più sostenibile rispetto al prodotto importato.

Ma non sempre è così, come mostra un articolo di punta quale il pomodoro: quello svizzero ha un minore impatto ambientale solo nei mesi estivi, quando è di stagione. Da ottobre a maggio, invece, è meglio comprare pomodori del sud della Spagna: lì possono crescere bene a causa del clima caldo, mentre nella Confederazione devono essere prodotti in serre riscaldate.

«Un pomodoro prodotto nel sud della Spagna in maggio produce dieci volte meno gas serra di un pomodoro elvetico che cresce nello stesso periodo in una serra riscaldata», affermava tempo fa una ricerca del Politecnico federale di Zurigo.

Il trasporto è d'importanza secondaria

Su questi temi c'è un ampio consenso tra gli esperti. «Il tipo di produzione è di solito più importante delle distanze di trasporto», spiega Jungbluth. «I consumatori dovrebbero comprare soprattutto prodotti stagionali quando si tratta di verdura e frutta: la stagionalità è di solito associata ad un ecobilancio favorevole».

Il trasporto tende ad essere di secondaria importanza, ma anche in questo campo sussistono differenze: la via area dovrebbe essere evitata a tutti i costi a causa del suo pessimo bilancio ambientale, mentre lo spostamento via nave è meno problematico.

Carne dell'Uruguay più sostenibile di quella svizzera

Tutto ciò è particolarmente importante per carne e latticini, prodotti legati alle enormi emissioni di metano delle mucche. L'impatto ambientale della carne è determinato da come viene prodotta, non dal luogo di produzione, ha stabilito uno studio di Agroscope. Il trasporto dalla fattoria al punto di vendita è responsabile solo di una piccola parte: l'allevamento degli animali e la produzione del loro mangime sono molto più importanti.

Concretamente questo significa che in certe circostanze la carne importata dall'Uruguay può essere più sostenibile di quella svizzera: se è prodotta in Sudamerica con animali al pascolo e trasportata in Europa via nave, mentre al contrario la fattoria elvetica opera con l'allevamento intensivo del bestiame con farina di soia che proviene da oltre Oceano.

Discorso analogo, o ancora più incisivo, per lo zucchero: le emissioni di CO2 del trasporto pesano per solo l'1% sul bilancio ambientale. La parte del leone (70%) è da attribuire ai modi di produzione.

E il vino?

Indagini interessanti sono state realizzate anche riguardo al vino: uno studio americano ha mostrato che per un abitante di New York è più sostenibile bere Bordeaux francese importato per nave che vino californiano che arriva con il camion. Il bilancio peggiore, in generale, è offerto comunque da chi va direttamente in auto dal produttore e compra un paio di cartoni della bevanda.

«La regionalità è un criterio relativamente facile da determinare per i consumatori, simile alla questione di stabilire se un prodotto è imballato in plastica o no», osserva Jungbluth. Ma questi aspetti non sono decisivi. Secondo lo specialista chi vuole avere un'impronta ecologica minore deve ridurre il consumo di carne e latticini, limitare gli acquisti di generi voluttuari come alcol, caffè e cioccolata, evitare lo spreco di cibo e rinunciare all'automobile per gli acquisti.

«La gente non dovrebbe scervellarsi quando fa la spesa»

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare comprare bio o non farlo non presenta differenze significative dal profilo dell'impatto ecologico. La produzione biologica ha infatti molti vantaggi per l'ambiente, come l'assenza di pesticidi chimici o la coltivazione della biodiversità: tuttavia è anche associata a un maggiore consumo del suolo, perché le rese sono inferiori. In una valutazione complessiva del bilancio ambientale gli effetti opposti si annullano a vicenda.

Secondo Jungbluth quindi a fare la differenza non è il sacchetto di plastica e nemmeno la regionalità dei prodotti. Anzi, superando lo steccato degli alimentari molto più importante, per la propria impronta ecologica, è per esempio la rinuncia a un volo in aereo, oppure la giusta scelta della vettura oppure l'attenzione ai modi di riscaldamento dell'abitazione.

«La gente non dovrebbe costantemente scervellarsi quando fa la spesa», consiglia l'esperto interpellato dai cronisti della NZZ. I fattori che influenzano le valutazioni del bilancio ecologico sono piuttosto complessi nei dettagli e difficili da tenere sotto controllo. «Agitarsi per ogni cetriolo confezionato proveniente dalla Spagna è poco utile. I consumatori dovrebbero invece concentrarsi sulle questioni di fondo, come la riduzione del consumo di carne o lo spreco di cibo».