FinanzaL'industria bellica va a gonfie vele. È etico investire nel settore?
hm, ats
21.12.2022 - 10:02
Le borse mondiali si apprestano a chiudere un anno nettamente negativo, ma c'è un comparto che sta andando a gonfie vele: quello dei titoli dell'industria bellica, che per quanto spesso malvisto sta mostrando performance che mandano in solluchero gli investitori. Ma è etico investire nel settore? La risposta di un professore di filosofia politica.
Keystone-SDA, hm, ats
21.12.2022, 10:02
21.12.2022, 10:27
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Il tema viene affrontato oggi dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ), che presenta i casi delle società americane Lockheed Martin (aerei, radar, razzi) e Raytheon (avionica, droni, missili e altro), nonché della tedesca Rheinmetall (armi da fuoco).
L'azione Lockheed Martin è salita del 43% dall'inizio dell'anno, Raytheon del 13% e Rheinmetall del 115%. Tutto questo mentre il Dow Jones si è contratto del 10% e il Dax tedesco ha lasciato sul terreno oltre il 13% (per un confronto: SMI elvetico -17%).
Con l'invasione a sorpresa dell'Ucraina da parte della Russia è iniziata una nuova era per l'industria delle armi. Paesi importanti come la Germania e il Giappone hanno annunciato aumenti significativi dei loro bilanci per la difesa per prepararsi a un mondo più pericoloso.
Ad esempio Berlino sta approvando un ordine da 10 miliardi di euro per 35 Lockheed Martin F-35 e come reazione alle mosse di Vladimir Putin sono stati stanziati 100 miliardi di euro per potenziare la Bundeswehr. Da parte sua il Giappone prevede di spendere oltre 290 miliardi di franchi nei prossimi cinque anni.
Problemi nelle catene di approvvigionamento
In realtà però il settore non ha aspettato Putin. Le vendite di armi e servizi militari sono in aumento da anni: quelle delle 100 maggiori aziende del ramo hanno raggiunto i 592 miliardi di dollari lo scorso anno, con una crescita del 2%, che segna il settimo aumento annuale consecutivo, stando ai dati dell'istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri), citati dal quotidiano zurighese.
Il settore è alle prese con problemi delle catene di approvvigionamento, dapprima per la pandemia e poi in seguito alla guerra in Ucraina. Una volta appianate le difficoltà nei prossimi anni le vendite di armi aumenteranno ulteriormente, prevede il Sipri. Sulla scia del conflitto nell'est europeo, «numerosi paesi sono interessati ad acquistare sistemi moderni e costosi», afferma Lorenzo Scarazzato, esperto del Sipri, in dichiarazioni riportate dalla NZZ.
È etico investire nelle guerre?
Gli investimenti nell'industria delle armi non sono visti di buon occhio. Banche come UBS, Credit Suisse e Pictet, ad esempio, affermano di non avere analisti che coprono il comparto. Né esistono fondi in Svizzera o in Europa che investono esclusivamente nell'industria degli armamenti. Tuttavia le azioni delle grandi aziende della difesa sono ancora parecchio ricercate, visto che la maggior parte di esse è salita in modo significativo dall'inizio del 2022.
Alla domanda se sia etico investire nell'industria bellica, Francis Cheneval, professore di filosofia politica all'Università di Zurigo, risponde così alla NZZ: «Sì, perché un paese, soprattutto se democratico, ha il diritto di difendersi quando viene attaccato da una potenza straniera».
A suo avviso la guerra in Ucraina ha cambiato la percezione: la gente ha capito meglio che le armi non sono solo usate in modo offensivo, sono anche necessarie per la legittima difesa.
«Una maggior trasparenza aiuterebbe»
Tuttavia gli investitori hanno un controllo limitato sul luogo in cui le armi vengono utilizzate: strumenti prodotti dalle aziende occidentali possono finire nelle mani sbagliate attraverso il commercio internazionale.
Un altro problema è rappresentato dai prodotti a doppio uso: i processori e gli altri componenti ad alta tecnologia che non sono fabbricati dall'industria bellica possono essere utilizzati sia per scopi civili, sia per fabbricare armi, in particolare nei sistemi più pericolosi.
«Una maggiore trasparenza aiuterebbe: grazie alla blockchain, in futuro potrebbe essere più facile tracciare dove vengono utilizzati armi e componenti», conclude Cheneval.