Prezzi Artus: «L'Europa accetti l'inflazione e si metta in modalità guerra economica»

hm, ats

2.10.2023 - 17:01

In un mondo in grande evoluzione l'Europa deve trovare il suo posto.
In un mondo in grande evoluzione l'Europa deve trovare il suo posto.
Keystone

L'Europa deve mettersi in modalità di guerra economica e accettare di avere un tasso d'inflazione superiore al 2%: lo dice Patrick Artus, capo-economista della banca francese Natixis.

Keystone-SDA, hm, ats

A suo avviso non è il momento di tagliare le gambe agli investimenti relativi ai grandi progetti strategici, transizione energetica in primis, da cui a suo avviso dipende l'avvenire e la prosperità del vecchio continente.

«Non esiste una risposta unica per aree economiche con dinamiche fondamentalmente diverse, ma c'è una cosa in comune: dovrebbero accettare di convivere con un tasso di inflazione superiore al sacrosanto 2% che considerano 'normale'», afferma Artus in un'intervista pubblicata oggi da Le Temps. «Questo riferimento, va ricordato, si riferisce a un periodo economico molto breve in cui l'inflazione e i tassi di interesse erano eccezionalmente bassi. Eccezionalmente significa fuori dall'ordinario. Perché considerare questo periodo, dalla crisi del 2008 alla crisi di Covid, come 'la' normalità? Qualsiasi normalizzazione significa un ritorno ai criteri pre-crisi».

«In altre parole, i paesi occidentali dovrebbero abbandonare l'obiettivo del 2% di inflazione», sostiene l'esperto. «La transizione energetica è inflazionistica e l'obiettivo del 2% è obsoleto. Nella migliore delle ipotesi, dovrebbero puntare al 2,5% entro il 2027 o il 2028». Ciò dovrebbe avvenire sia negli Stati Uniti, alle prese con un rincaro degli affitti che è proseguito costantemente negli ultimi quattro trimestri, come pure in Europa, che da parte sua non riesce da parte sia a controllare la spirale inflazione-salari.

Sbagliato continuare ad alzare i tassi?

Continuare ad alzare i tassi – chiede la giornalista – sarebbe quindi un'eresia? «In Europa, senza dubbio», risponde l'intervistato. «Eppure la Banca centrale europea ha deciso di ritoccare nuovamente al rialzo i tassi di riferimento nella riunione del 14 settembre, a differenza delle controparti americana e britannica che hanno optato per una pausa. Certo, non ha aumentato i tassi all'8, 9 o 10%, come avrebbe fatto l'ex presidente della Bce Jean-Claude Trichet. Ma se, come la maggior parte degli economisti ritiene, la Bce si sta dirigendo verso tassi di interesse intorno al 4% per molto tempo ancora, rischia di minare la crescita europea senza risolvere il problema dell'inflazione».

Secondo Artus l'istituto guidato da Christine Lagarde sta commettendo un errore nell'aumentare ostinatamente il costo del denaro. «L'Europa ha bisogno di una politica monetaria espansiva, non restrittiva. L'argomentazione avanzata dai membri del consiglio direttivo, guidati dalla Banca di Franca, secondo cui la Bce comprometterebbe la propria credibilità rivedendo al ribasso gli obiettivi di inflazione e di tasso di interesse non inganna nessuno. Ha già perso la sua credibilità. La prova migliore è che gli swap sull'inflazione a dieci anni sono a livelli record: gli investitori non credono che le misure della Bce ridurranno l'inflazione. Si aspettano quindi che la crescita europea rimanga debole».

«Gli investitori possono scegliere se puntare su un continente europeo che offre prospettive di crescita intorno allo 0,5% in media da qui al 2100 e sugli Stati Uniti (2,5%), oppure sull'India (5-6%) e sul Sud-Est asiatico», argomenta il 71enne. «Sono consapevoli che le debolezze del vecchio continente sono strutturali: in primo luogo derivano dalla sua demografia vacillante – con un tasso di fertilità medio di 1,53 figli per donna nel 2020, ben al di sotto del 2,05 necessario per rinnovare le generazioni».

«Questi problemi» – aggiunge lo specialista «sono aggravati dall'inerzia della burocrazia dell'Ue. Mentre gli investitori possono ottenere in poche settimane i crediti d'imposta previsti dall'Inflation Reduction Act introdotto dall'amministrazione Biden, hanno bisogno di mesi per accedere agli aiuti previsti dal piano di ripresa europeo noto come 'Next Generation EU'».

Divario tra Europa e USA

Il divario tra Europa e Stati Uniti è perciò destinato ad aumentare? «Gli Stati Uniti metteranno sul tavolo le somme necessarie per attrarre la maggior parte degli investimenti nella transizione energetica, per diventare i campioni dell'intelligenza artificiale e dell'industria tecnologica e per rimanere davanti alla Cina e al resto del mondo nell'industria dei semiconduttori», osserva Artus. «Gli americani non hanno limiti quando si tratta di garantire la loro leadership. Sanno per esperienza che si ripagheranno con la crescita futura. Entro la fine del secolo, gli Stati Uniti saranno la prima potenza economica mondiale, con un prodotto interno lordo tre volte superiore a quello della Cina».

Altro quindi che declino dell'impero americano, come ipotizzato da taluni. «Innanzitutto per ragioni legate al suo dinamismo interno: l'America spende in modo fenomenale in ricerca e sviluppo. Aziende come Amazon, Google e altre società tecnologiche hanno budget per la ricerca e lo sviluppo superiori a quelli dei paesi europei. Gli Stati Uniti hanno anche una politica di immigrazione che consente loro di importare talenti di valore inestimabile. Questo è un esempio di immigrazione selettiva che l'Europa dovrebbe seguire. Ma anche perché i suoi potenziali concorrenti stanno lottando per recuperare il ritardo. La Cina, penalizzata dall'invecchiamento della popolazione e dagli errori di politica economica prima di aver superato il rivale americano. L'India, promettente, ma che parte da una base così bassa che nel 2100 rappresenterà solo una percentuale dell'Impero di Mezzo. L'Africa, il cui dividendo demografico non sarà sufficiente a superare le sfide della governance».

E l'Europa? «Nel 2100 rappresenterà il 5% del Pil mondiale, rispetto all'attuale 15%. Seguendo l'esempio del cugino americano deve adottare un assetto economico di guerra se vuole continuare a contare. In concreto, ciò significa che la Bce deve fornire agli stati membri le risorse per finanziare la ri-allocazione di settori industriali strategici – relativi in particolare alla farmaceutica e alle energie rinnovabili – nonché la transizione energetica», conclude Artus.