Banche centrali La Fed apre al ritiro degli stimoli, aumento tassi nel 2022

SDA

22.9.2021 - 21:49

L'edificio della Federal Reserve a Washington (foto d'archivio)
L'edificio della Federal Reserve a Washington (foto d'archivio)
Keystone

La Fed spiana la strada al ritiro degli stimoli messi in campo per la pandemia. E segnala l'avvio della riduzione degli acquisti di asset a 'breve', probabilmente già a novembre, e un aumento dei tassi di interesse nel 2022.

Una tabella di marcia che non sembra spaventare Wall Street, dove i listini sono in rialzo di oltre l'1,3%, complice anche l'allentarsi dei timori per Evergrande.

Se i progressi dell'economia «continueranno come previsto, la Fed ritiene che un rallentamento degli acquisti di asset potrebbe essere garantito a breve», afferma la banca centrale nel comunicato diffuso al termine della due giorni di riunione, durante la quale ha mantenuto invariati i tassi di interesse fra lo 0 e lo 0,25%. Al momento la Fed acquista 120 miliardi di dollari di asset al mese e l'attesa riduzione arriva in un contesto di crescita sostenuta nonostante la revisione al ribasso delle stime di crescita per il 2021.

Il pil è atteso crescere quest'anno del 5,9% rispetto al 7% inizialmente previsto, mentre l'inflazione galoppa ed è stimata al 4,2% quest'anno. «I prezzi sono elevati e lo resteranno prima di calare. Se l'inflazione diventerà un problema, risponderemo con gli strumenti a disposizione», afferma Jerome Powell. Il presidente della Fed quindi rassicura: la banca centrale «aiuterà l'economia fino a quando la ripresa sarò completa». Poi aggiunge: il tapering sarà graduale e potrebbe chiudersi «intorno alla metà del 2022 se sarà appropriato».

Pur aprendo al ritiro degli stimoli, Powell si mostra cauto e spiega come i rischi all'outlook restano a causa di Delta, nonostante una campagna di vaccinazioni che procede e riduce il peso della crisi sanitaria sull'economia. Le inoculazioni infatti si stanno traducendo in un miglioramento del mercato del lavoro anche se la disoccupazione – attesa quest'anno al 4,8% per poi calare nel 2022 – «continua a ricadere in modo sproporzionato sui lavoratori a basso reddito, sugli afroamericani e sugli ispanici», mette in evidenza Powell invitando a non leggere nell'avvio del tapering un consequenziale rialzo dei tassi di interesse. Le dot-plot comunque indicano come all'interno della banca centrale l'ipotesi di una stretta del costo del denaro già il prossimo anno sta decollando, con la metà dei membri del Fomc che infatti prevede un aumento dei tassi nel 2022.

La Fed si trova a operare in un contesto complesso, soprattutto a Washington dove l'agenda economica di Joe Biden vacilla fra le divisioni dei democratici e l'opposizione dei repubblicani. C'è poi il nodo dell'aumento del tetto del debito, al momento motivo di scontro acceso: se non sarà aumentato – ripete da settimane il segretario al Tesoro Janet Yellen – il rischio è di una crisi economica e di una recessione.

Secondo i calcoli di Mark Zandi, capo economista di Moody's Analytics, un default costerebbe agli Stati Uniti la perdita di sei milioni di posti di lavoro, oltre al vedere andare in fumo 15'000 miliardi di dollari di ricchezza. Cifre da spavento che hanno spinto Yellen a chiedere aiuto agli amministratori delegati della banche di Wall Street per fare pressing sul Congresso e alzare il tetto del debito.

A invitare a un'azione rapida è anche un gruppo bipartisan di sei ex segretari al Tesoro americani. Si tratta di Robert Rubin, Henry Paulson, Lawrence Summers, Jacob Lew, Michael Blumenthal e Timothy Geithner. Non alzare il tetto del debito «crea – a loro avviso – il rischio di far crollare e mercati e affondare la fiducia». Altro nodo da sciogliere a Washington è quello della presidenza della Fed, con Biden che non ha ancora sciolto le riserve su una possibile conferma di Powell, a sostegno del quale un fronte nutrito di democratici e repubblicani si è schierato.